Da Mashape a Kong. La storia di come nasce un unicorno
In due parole: "keep going", a dispetto di tutto e di tutti, non curandosi di ciò che il mondo ti dice che puoi o non puoi fare a 19 anni.
Oggi vi racconto la storia di Kong: una storia di perseveranza e di un team incredibile.
La storia di Kong Inc. — precedentemente nota come Mashape Inc. — inizia in Italia nel luglio del 2009 da 3 ragazzi italiani: Augusto Marietti, Marco Palladino e Michele Zonca.
Io con loro ho avuto il piacere di condividere una parte del percorso nei primi anni dell’azienda. Li ho incontrati a San Francisco nel 2010 durante uno dei miei viaggi, siamo rimasti in contatto e poi un giorno mi hanno chiamato:
Ciao Max! Abbiamo racconto i primi $51,000 da tre ex dipendenti di YouTube. Vuoi investire?
I tre ragazzi sono partiti con l’idea che il mondo delle applicazioni su Internet sarebbe cambiato da lì a poco e Mashape nasce dall’intuizione di semplificare radicalmente la creazione di tali applicazioni in rete.
Conservo ancora il loro pitch deck del 2010 e vi posso assicurare che l’obiettivo era molto diverso da quello che oggi Kong ha sul mercato delle API. Ciò nonostante, la perseveranza di Marco e Augusto in particolare è riuscita a creare il primo unicorno fondato da italiani in Silicon Valley nel mondo del software. In verità, non so se ce ne siano mai stati prima di loro… non che io ricordi.
In rete è possibile trovare diverse interviste di Marco e Augusto, anche molto prima che Kong nascesse dalle ceneri di Mashape. Una cosa è certa: la vita per il team italiano a San Francisco è stata molto tosta nei primi anni, quindi, per raccontarvi come nasce un unicorno da dei ventenni di Milano e Roma, partirei dalla domanda che Mike Volpi — Managing Partner di Index Ventures — pone ad Augusto verso la fine di un’intervista recente:
Molti giovani imprenditori vengono da te per un consiglio, soprattutto quelli che vengono dall'Europa. Quando iniziano il loro viaggio [..] che consigli dai?
La risposta di Augusto contiene tutto quanto serve sapere per affrontare gli alti e bassi nella creazione di una startup:
…“Are you sure you want to do this?” It's minimum 10 years, and you have to give it all your life, and all, everything at it. So make sure that you have the energy to really give it all you got. If you lose, fine, but you want to lose after you really gave it everything you've got, not for other reasons.
Non si molla prima di aver provato tutte le vie possibili!
Il concetto di “keep going” ricorre spesso nelle parole di Augusto e Marco. Ricordo che quando li ho incontrati dopo il Seed Round del 2011 mi dissero:
Sai Massimo, abbiamo dovuto darci uno stipendio per avere il visto lavorativo, ma se fosse necessario siamo pronti a rimettere tutto quello che abbiamo sul conto dell’azienda per andare avanti.
Mike è stato uno dei primi venture capitalist a credere in Mashape e lui definisce Augusto in questo modo:
He is the most resilient and adaptable CEO that I know in my portfolio, probably most that I’ve ever worked with.
Questa è la prima caratteristica di chi guida un’azienda che mira a diventare un unicorno. E lo stesso vale per Marco, pronto a scrivere e riscrivere decine di migliaia di righe di codice ad ogni cambio di rotta, guardando sempre avanti. I due erano unstoppable, positivi fino all’eccesso e lavoratori indefessi, anche nei periodi più difficili del loro viaggio.
Quando volavo a San Francisco per lavoro andavo a trovarli e raramente riuscivo a strappar loro una domenica assieme sull’oceano. Lavoravano sempre con un unico obiettivo in mente: rendere Mashape un grande successo.
Il successo non arriva però nottetempo, servono anni e spesso tante difficoltà nel mezzo; in alcuni casi non arriva proprio, almeno delle dimensioni che ci immaginiamo. In questo senso, credo sia importante soffermarsi qualche un minuto per farvi capire quanto il loro prodotto si è trasformato prima di diventare grande.
Il loro deck di maggio 2010, partiva così:
Era una piattaforma di sviluppo che permetteva a chiunque di costruire applicazioni software componendo tra loro servizi presenti in rete e senza scrivere una riga di codice. Una versione antesignana delle no-code platform — alla WebFlow, per intendersi — che solo qualche anno dopo hanno fatto la loro apparizione sul mercato mondiale.
Nel 2010 l’idea era talmente avanti da sembrarmi quasi futuristica: usare le API esistenti in rete creare nuove applicazioni partendo dai servizi — ad API — esistenti all’epoca.
La cosa mi allettava e forse io ero tra i pochi in Italia a capire quale potenziale ci fosse dietro la loro idea. Oltre a ciò, volevo conoscere questo mondo ed il modo migliore era mettere un piede nel cuore pulsante di una startup di San Francisco che aveva l’ambizione giusta.
Il team aveva un inglese “non proprio perfetto”, ma ricordo con chiarezza che non avevano paura di nulla ed erano pronti a sfoderarlo con fierezza in ogni circostanza. Oltre a ciò, avevano un sogno ed una determinazione che non avevo mai visto prima: volevano più di ogni cosa costruire un’azienda in grado di diffondere i propri servizi ai quattro angoli della Terra.
Perché proprio San Francisco?
Augusto era sicuramente molto attratto dalla Bay Area; Marco invece era più agnostico e mi confidò di avere qualche difficoltà ad ambientarsi rispetto alla sua Milano. Ma una cosa era certa: entrambi sapevano con esattezza che per dare a Mashape una chance dovevano essere nel luogo giusto, San Francisco. Lì tutti capivano cosa stessero realizzando ed il tema quindi era convincerli che sarebbe diventata un’azienda di dimensioni planetarie.
La loro idea era molto in anticipo sui tempi. Al momento dell’investimento mi diedero un executive summary che ho riguardato recentemente. Il TAM — Total Addressable Market — per la loro fascia di prodotto — Enterprise Mashups — era stimato in soli 700 milioni di dollari da Forrester Research per il 2013. Erano un classico caso di startup che scommette sulla nascita di un nuovo mercato, quando ancora quasi non esiste.
A pochi mesi dal mio investimento Mashape da sistema no-code si era già trasformato radicalmente. Ragionando sull’Enterprise Mashups i fondatori capirono che per poter realizzare ciò che avevano in mente mancava un tassello fondamentale: un mondo enterprise che pensasse ad API e lo facesse nel cloud.
Ricordate che siamo nel 2010 e quando dicevi “cloud” la gente guardava in alto per capire se il tempo sarebbe cambiato da lì a poco.
Da Mash-Up ad API Marketplace
Per capire bene la trasformazione dell’idea originale è interessante guardare questo video del dicembre 2010 nel quale Augusto ci racconta la nuova Mashape: un API marketplace.
Piccola curiosità: il luogo nel quale si trova a registrare era un’icona del tempo, il Pier 38, uno dei primi co-working di San Francisco:
Nota. Più che un co-working era una sorta di covo: era pericolante — tanto è vero che qualche anno dopo venne dichiarato inagibile — ma frequentato da tante persone che lavoravano giorno e notte per creare qualcosa di grande.
Gli anni nel Tenderloin
In quegli anni il team aveva trovato un appartamento nel Tenderloin della città:
La zona era perfetta come posizione, ma sicuramente non era la migliore come vicinato. Nel Tenderloin si radunavano infatti molti dei senzatetto della città e per quel motivo gli appartamenti costavano meno.
Il loro era molto piccolo. Erano in tre ed avevano un solo queen bed. Quindi ogni tot giorni uno dei tre doveva cercare un divano di qualche amico su cui poter passare la notte per far sì che gli altri potessero avere una notte di sonno quasi normale.
In quel periodo il pasto tipico era pasta con il tonno. Lo definivano “il pasto perfetto”: economico e nutriente. Non credo che possano più vedere la pasta col tonno oggigiorno. Cercavano di “scroccare” almeno un pasto fuori casa in qualche meetup della città, per risparmiare il più possibile. In questo modo univano l’utile al dilettevole e conoscevano un sacco di persone. Dopo un paio d’anni a San Francisco, li conoscevano tutti 😁.
Una volta raccolto il primo Seed round da $1.5M si trasferirono al 433 Bryant Street, la bellissima casa verde qui sotto:
In quella casa-ufficio vivevano e lavoravano almeno 6-7 persone tanto che quando andavo a trovarli se andava bene dormivo sul divano, altrimenti nella sala sviluppatori:
…io sono quello sdraiato sul cuscino verde. Ma non potevo perdermi quei momenti 😁.
Ricordo che in qualche periodo anche lo sgabuzzino era diventato la stanza da letto di qualcuno. Barattavano stipendi minori anche con vitto e alloggio.
Ma torniamo a loro.
In pochi mesi dall’angel round Marco, Augusto e Michele avevano ripensato, riprogettato e riscritto tutto, letteramente buttando almeno 100.000 righe di codice sorgente nella spazzatura.
Intorno al 2012 Michele decise di tornare in Italia, mentre Marco e Augusto continuarono la loro avventura a San Francisco. Non conosco le ragioni della scelta, ma ricordo che all’epoca Michele stava mettendo su famiglia e farlo in Bay Area con così poche risorse era molto complesso. Michele aveva qualche anno in più degli altri due — era più vicino ai 30 che ai 20 — e si trovava in una fase diversa della vita.
La connessione con il network di Silicon Valley
Marco, founder e CTO dell’azienda, racconta in un’intervista con Lacerba del 2017 il loro sbarco ad SFO — l’aeroporto di San Francisco. Pochi soldi, nessun contatto ed il loro incontro con Travis Kalanick — che poi fonderà Uber. Travis, dopo aver venduto la sua precedente azienda — Red Swoosh — per qualche decina di milioni, aveva acquistato una casa a San Francisco e all’epoca si offriva di ospitare founder che arrivavano dall’estero e non avevano un posto dove stare. Ma non solo, il circuito di Travis era anche modo per entrare in contatto con imprenditori e investitori.
La chiacchierata con Michele Di Blasio di Lacerba si svolge nella nuova sede Mashape nel centro di San Francisco, nella quale si sono spostati dopo il Series A del 2013.
Un luogo bellissimo nel cuore della città dal costo fantasmagorico — ma normale a San Francisco — di $25,000 al mese di affitto. Marco ed Augusto sapevano bene che ogni dollaro conta, ma quello era il momento di spingere anche sull’immagine per attirare talento e crescere. L’edificio ospitava in precedenza una banca ed il caveau era diventato la stanza whiskey e sigari — nel perfetto stile dei locali speakeasy del proibizionismo.
In quell’intervista Marco inizia ad accennare il secondo cambio di rotta che diventerà evidente qualche mese dopo con la nascita di Kong.
Kong
Il mercato di Mashape come API marketplace — o l’App Store delle API, come lo definisce Marco — aveva radunato oltre 300.000 sviluppatori nella loro community. I numeri erano impressionanti, ma ciò che invece stentava a decollare era la monetizzazione della piattaforma. Da qui l’idea: iniziare ad estrapolare da Mashape alcune delle componenti chiave, tra cui il motore pulsante della piattaforma, Kong, e renderli open-source. Da un lato un grande rischio, dall’altro un’opportunità unica.
L’idea era quella di iniziare a sperimentare con un modello diverso dall’API marketplace nel quale il mondo dell’enterprise diventava il punto nodale chiave. Kong, il motore di Mashape, poteva essere un sistema perfetto per la gestione delle API in azienda. Il panorama in 7 anni era cambiato parecchio ed ora il mondo enterprise aveva capito che esporre i propri servizi tramite API avrebbe aiutato a rendersi aperti — in quegli anni si parlava di API first. Trasformare i servizi ad uso interno in fornitori di servizi per ogni altra divisione dell’azienda, aiutava a non duplicare gli sforzi e incentivava i partner esterni ad integrarsi.
Nell’intervista di Mike Volpi, Augusto descrive la svolta in questo modo:
[..] we still had the convintion that APIs were going to be massive. And when we decided to spin off Kong as a standalone technology, we decided to make it open-source because that was the best way to get feedback and distribution as fast as we can. And it took off right away in terms of community. Developers started to use it. So half of me was like “Yes we got it!”, but the other half of me said “Wait a second, this could be like Mashape, we get the community adoption, but then it's not easy to monetize”.
Un nuovo salto nel buio?
… that thing only lasted six months, because then we got a call from Obamacare, from healthcare.gov, that said “Hey, we're using Kong in production to work with TurboTax and we would like to have a commercial relationship with you.”
“Boom 🧨” — come si direbbe negli USA —, il corso dell’azienda cominciò a cambiare anche sul fronte dei ricavi: un solo contratto di Kong valeva più degli interi ricavi di Mashape nei cinque anni precedenti, come ricorda Augusto:
[..] on the phone we sold the first Kong Enterprise contract for more money than what we ever made with Mashape in the five years before, with a higher margin of whatever ever Mashape had in five years. And then, I think I remember I even brought the check, I showed the check to the board, and it was like “This is the business, we found this, we got our gold mine ticket.”
Nello stesso anno, il 2017, con questo nuovo asset tra le mani, Marco e Augusto cambiarono tutto. Mashape diventò Kong, la prima venne venduta ad un’azienda del settore API, mentre la seconda diede origine all’API microservices gateway più diffuso e famoso al mondo.
Oggi hanno clienti ai 4 angoli della Terra e Marco ed Augusto viaggiano spesso per spingere le vendite ed incontrare clienti. In loro hanno investito alcuni dei migliori VC degli Stati Uniti, tra cui Index Ventures, CRV, Andreessen Horowitz e Tiger Global Managment. Quest’ultima ha fatto da lead nell’ultimo round di febbraio 2021 che ha portato l’azienda alla valutazione di $1.4 miliardi di dollari.
Noi diremmo, “È FATTA!!”.
Macché, ora inizia la scalata che, prima o poi, culminerà in un’IPO. La mia convinzione è che Kong abbia tra le mani l’opportunità di diventare un decacorno e scrivere la storia del prossimi anni nelle architetture a microservice, il futuro dell’enterprise in rete. Tutto questo sono sarebbe stato possibile se un piccolo team di italiani non avessero provato a vivere il loro sogno fino in fondo.
Per creare aziende di questo genere serve una determinazione ed un sacrificio non comune, ma si può rifare over and over. Non esiste un età giusta o sbagliata per lanciarsi in avventure di questa portata, ma se volete un consiglio, fatelo quando siate molto giovani, perché a 40 anni sarete meno disposti a dormire sulle panchine di Dolores Park, se fosse necessario.
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Bellissima storia 👍🏻
Che ricordi, stamane mi hai fatto tornare indietro nel tempo alle feste di Mashape!!