2020: i numeri di Silicon Valley nel panorama del venture USA
Guardiamo da vicino i dati del mondo del VC della Bay Area nel 2020 e capiamo perché il resto dell'ecosistema ha ancora molta strada da fare.
Qualche giorno fa è uscito il report di PitchBook relativo agli investimenti del mercato del venture capital della Bay Area rispetto al resto degli Stati Uniti intitolato “The Bay Area Still Holds the Keys to VC”. PitchBook è un po’ il punto di riferimento per un venture capital: fornisce dati sulle startup di tutto il mondo e report sull’andamento del mercato VC negli Stati Uniti.
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L’anno che ci siamo lasciati alle spalle è sicuramente uno di quelli che ricorderemo per molto tempo e le notizie girate in rete relative ai molti che hanno deciso di spostarsi da San Francisco hanno riempito le pagine dei giornali. Vi abbiamo già detto cosa ne pensiamo nel corso della diretta Clubhouse di mercoledì 21 febbraio, oltre che in diversi articoli e commenti sparsi.
Nonostante ciò, molti continuano a chiederci che impatto ha avuto la pandemia sul panorama degli investimenti della Bay Area e se il 2020 ha dato vita o meno al declino di Silicon Valley e San Francisco.
Nulla di meglio che dei buoni dati di mercato per rispondere a questa domanda e l’analisi condotta da PitchBook ci fornisce l’occasione perfetta.
Partiamo da questo fatto: a partire dal 2016, più del 53% del capitale raccolto negli Stati Uniti è stato “risucchiato“ dai VC della Bay Area con oltre $151 miliardi in totale raccolti dal mercato, come mostra la figura qui sotto:
È veramente impressionante osservare il ruolo che il mondo del venture capital della Bay Area ha oggi nel panorama americano. Se pensiamo che fino ai primi anni 60, la Bay Area non aveva sostanzialmente venture capitalist in zona. Tutto si concentrava sulla East Coast, precisamente a New York.
Venture capital, which was born in New York and nurtured in Boston, did not really come of age until it moved to California. There it “joined forces with the brash young technologists who were using bits of silicon to create an information revolution as profound as the industrial revolution a century earlier” in Santa Clara County.
Ma già nel 1957, Arthur Rock — che alcuni di voi ricorderanno dal film “Jobs” diretto da Joshua Michael Stern — che operava nel settore degli investimenti high-tech a New York, si accorse di quanto stava avvenendo nella lontana West Coast. Fu lui che aiutò i cosiddetti “otto traditori”, i giovani intraprendenti alla base del successo del Shockley Semiconductor Laboratory, a lasciare l’azienda in gruppo e fondare la Fairchild Semiconductor. Dal 1961 Rock, capendo bene cosa sarebbe successo di lì a poco in Silicon Valley, si trasferisce in zona dove con il socio Tommy J. Davis Jr. fonda la società di venture capital Davis & Rock con $5 milioni raccolti da contatti della East Coast:
If venture capital is the engine that runs Silicon Valley, then Arthur Rock may be its James Watt–the guy who figured out how to harness steam. He once said, “I want to build great companies. That’s how I get my kicks. I look for people who want the same thing.”
— Global Entrepreneurship Institute, History of Silicon Valley.
Torniamo velocemente ad oggi.
In un mercato così florido e denso di capitale come quello che ci troviamo di fronte, perché la gente dovrebbe spostarsi da San Francisco?
Quanto avvenuto in questi ultimi mesi è abbastanza naturale, in quanto con gli stipendi della Bay Area — $150.000 in media — vivere in zone meno costose, più verdi e con case più grandi diventa la scelta ovvia quando lavorare da casa è l’unica opzione. Tenete presente che gli appartamenti che le persone medie possono permettersi nella city sono micro appartamenti o stanze in appartamenti condivisi. Costretti a svolgere il loro lavoro tra le mura domestiche, questi loculi si sono presto rivelati inadatti alle restrizioni dovute alla pandemia.
Da qui a dedurre che tutto ciò stia facendo nascere altrove nuovi hub dominatori della scena dell’innovazione, la strada è però ancora lunga. Ad esempio, delle 22 company statunitensi la cui valutazione è almeno arrivata a $10B, 17 sono della Bay Area. Ma non solo, se osserviamo gli investimenti in startup dal 2016 al 2020, vediamo che la differenza tra la Bay Area e resto degli hub statunitensi è sostanziale in termini di capitale investito — attenzione che l’unità di misura sono i miliardi di dollari:
Anche la spinta all’imprenditoria nell’area è veramente impressionante. Se guardiamo ai 2.900 laureati che sono usciti da Stanford, l’Università della California e Berkeley, questi hanno dato vita a circa 2.500 aziende. Ed ancora, nonostante le startup nascano e fioriscano in molti altri hub degli Stati Uniti, sembra che la California detenga il primato assoluto con il 67.3% delle aziende con valutazioni sopra il billion dollar.
Altro fatto interessante evidenziato in questo report è che, non solo Silicon Valley ha un’incidenza enorme sulle startup che nascono e crescono nella propria area geografica, ma sembrerebbe che l’impatto che la stessa Bay Area ha in termini di investimento su altri ecosistemi americani sià di gran lunga più rilevante di quello che gli stessi ecosistemi hanno sulle loro startup locali. Questo significa che, in media, nel corso della vita di una startup di Columbus, Ohio, gli investimenti che arrivano da Silicon Valley sono maggiori di quelli che ricevono localmente. Chi ad un certo stadio dell’azienda riesce ad attingere al bacino di investitori della Bay Area, significa che ha messo in atto un cambio di rotta strategico spostando la propria azienda in quelle zone.
Ecco perché continuiamo a sostenere che essere in grado di attivare collegamenti stretti con Silicon Valley è estremamente importante per la crescita delle startup di tutto il mondo.
I VC guardano prima al proprio back yard
Quando si guarda al tasso di crescita di un ecosistema è particolarmente rilevante osservare attentamente le startup che ricevono il primo finanziamento. Nel 2020 il 20% delle startup di tutti gli Stati Uniti che hanno chiuso il primo round sono state aziende della Bay Area — dato tra l’altro in crescita rispetto al 2019.
L’attività dei VC tra San Francisco e Silicon Valley non ha fatto che aumentare il proprio impatto sul mercato anche in un anno difficile come quello appena trascorso. E, nonostante il fatto che i VC principali abbiano anche uffici fuori dalla Bay Area, i loro investimenti si concentrano principalmente negli hub maggiori degli Stati Uniti (come New York, Los Angeles e Boston) che da soli muovono decine di miliardi di dollari. Ciò che in molti casi avviene è che i VC di primo livello — i cosiddetti tier 1 — demandano la ricerca di deal flow a figure specifiche denominate scout — tipicamente angel, founder o investitori più piccoli che amministrano investimenti Seed. Quest’ultimo approccio è piuttosto diffuso in Bay Area — Sequoia, ad esempio, fa spesso così — e diventa un modo efficace per demoltiplicare la loro presenza e presidiare anche stage di investimento minori a costi limitati.
Nonostante questa ramificazione del network che gli investor mettono in atto, rimane il fatto per una startup in fase Seed fuori dalla Bay Area è molto più probabile ricevere capitali da VC locali rispetto a quelli di Sand Hill Road — la famosa zona di Menlo Park con la maggior concentrazione di capitale di rischio al mondo. Questo è lo stato normale delle cose in ogni ecosistema al mondo ed è a causa di questo fatto — l’iperlocalità del mondo del venture capital — che noi tendiamo sempre a consigliare alle startup oltre oceano di venire in questa zona il più spesso possibile. Il mondo del venture è ancora oggi un business che seleziona perlopiù sotto casa, dove la presenza ed il network sul territorio contano più di ogni altra cosa, dove un warm introduction — ovvero una presentazione fatta da una persona di di cui ci si fida — può fare la differenza tra il venire rimbalzati decine di volte ed avere un appuntamento con un VC per presentare la propria company. Noi stessi, che un tempo potevamo dare centinaia di office hour a tutti coloro che ci contattavano, oggi ci troviamo a dover selezionare con molta attenzione ed i contatti che scartiamo con maggior facilità sono quelli che ci mandano della cold email non richieste.
Lo stesso report di PitchBook conferma questo trend nel mondo del VC di San Francisco che tende a preferire la località:
The strength in deal activity across the venture lifecycle comes from the deep bench of venture investors within the Bay Area. From large to small, local VC firms can source and build companies simply by choosing from opportunities in their own back yard.
Perché Silicon Valley continuerà a guidare per molti anni
Il numero di nuovi fondi di VC che ogni anno nascono in Bay Area è impressionante. Ad esempio, dal 2016 al 2020 sono nati in media ogni anno 83 nuovi fondi sotto i $250M. Questo ed altri dati portano gli analisti di PitchBook a concludere qualcosa che noi stessi osserviamo dal vivo ogni giorno, ovvero:
The growth of venture ecosystems due to the migration out of Silicon Valley likely won’t show up in the data for several years.
Il differenziante maggiore tra Silicon Valley ed ogni altro ecosistema americano è stata e continua ad essere l’abbondante disponibilità di capitale locale. Tra Bay Area ed ecosistemi come New York e Boston — che pure contano su decine di miliardi di dollari — esiste in media negli anni un rapporto quasi di 4:1 in termini di raccolta di capitale da parte dei VC. Quindi anche se una startup riesce inizialmente a raccogliere con successo in ecosistemi minori, per la crescita nelle fasi di late stage deve comunque ricorrere a capitale esterno alla sua geografia.
È un po’ quello che succede in Italia, dove la scarsità di capitale costringe le aziende a guardare all’Europa per crescere, con un conseguente rallentamento e dispendio di energie nella ricostruzione sia del network, che della reputation.
A Menlo Park questo problema ovvimente non esiste. Uno degli obiettivi principali degli hub minori di tutto il mondo è quello di aumentare nel tempo la disponibilità di capitali locali, promuovendo la nascita di nuovi fondi e richiedendo l’intervento del governo per aumentare la spinta. Questo sicuramente è sempre molto importante, soprattutto se i capitali arrivano “with no string attached” — ovvero senza vicoli sull’investimento.
I dati statunitensi, però, dicono una cosa fondamentale di cui si deve tener presente. L’incremento della disponibilità di capitale in hub minori, non si riflette poi in una crescita consistente del valore dell’hub a livello internazionale nel breve periodo. Ciò che guida il mercato del venture capital è il ritorno sull’investimento e le exit importanti su hub minori continuano ad essere molto limitate. Questo è anche dovuto al fatto che man mano che le aziende crescono, spesso decidono di spostarsi dove i capitali si trovano in grande abbondanza. In questo modo anche quelle aziende che raccolgono capitali a Miami o Chicago, finiscono spesso per chiudere la loro corsa a San Francisco o New York. Chi investe, tende a ricordarsi solamente dove la gara si è conclusa e non da dove è partita, quindi gli hub nei quali l’accesso al capitale è semplice e abbondante emergono comunque come i reali vincitori della partita.
Ricordiamoci sempre che il percorso che porta una startup di due founder in un garage a diventare una grande corporation con un mercato in USA, Europa e Asia richiede centinaia di milioni di dollari per spingere l’espansione.
Oggi vediamo startup di San Francisco che vanno in borsa con meno di $100M di ricavi — a volte anche molti molti meno — a valutazioni di qualche billion dollar. I venture capitalist servono proprio ad alimentare questa corsa ed il loro supporto finanziario non è un optional, ma un elemento indispensabile per giungere al traguardo. Potete creare il vostro prodotto in Italia e fare bootstrap con un paio di amici che come voi sanno scrivere del buon codice, ma poi dovete uscire dal garage nel quale avete iniziato e capire dove è meglio posizione la testa della vostra azienda.
Quale zona del mondo è la più ideonea per trasformare velocemente la mia giovane azienda in un colosso mondiale? Il corpo — R&D, l’engineering, il design —, nella gran parte dei casi, potrà rimanere nel paese dal quale siete partiti, ma voi, i founder, avrete quasi sicuramente un destino diverso che vi porterà a viaggiare alla ricerca delle migliori condizioni al mondo per alimentare con il carburante necessario la vostra impresa.
Queste sono aziende che io vedo svilupparsi con l’80% della forza lavoro in Italia ed il rimanente 20% in Bay Area. Se la giovane azienda riuscirà a diventare una grande impresa, allora è molto facile che diversi tra i vostri colleghi italiani beneficino dell’exit. Questo porterà in breve alla creazione di una nuova classe di founder in Italia, quelli che avranno toccato con mano i vantaggi del puntare in alto. I benefici saranno enormi ed i capitali verranno reinvestiti in nuove imprese ambiziose che partiranno nuovamente dall’Italia. Esattamente questo è successo 20 anni da a San Francisco, dove i milionari di Paypal, ad esempio, sono diventati investor, cambiando per sempre le regole del gioco nella zona.
Israele adotta questo stesso modello di dual company — Sales & Marketing in USA e R&D locale — da decenni ed oggi può vantare il primato di essere l’unica nazione per la quale i VC di Silicon Valley si sono insediati stabilmente nella loro nazione ed hanno lanciato grossi fondi per investire in aziende israeliane. In questo modo il cerchio si chiude ed un paese di 8 milioni di persone diventa il secondo hub al mondo, il terzo con il maggior numero di aziende quotate al NASDAQ dopo US e Cina.
Un ultimo consiglio (non richiesto)
Tutti conoscete il caso di Kong, valutata $1,4 miliardi e fondata da Augusto Marietti e Marco Palladino. Non sarebbe dove è oggi senza i quasi $200 milioni raccolti dal mondo del VC di San Francisco. E visto che questo caso ho avuto il piacere di seguirlo da vicino fin dall’inizio, mi posso permettere di dire che non sarebbero dove sono oggi se come azienda non fossero cresciuti nella cultura di San Francisco e non si fossero collegati a doppia mandata con il network della zona.
Ora sta a voi capire quanto volete puntare in alto e quanto in alto volete concludere la vostra corsa. Nessuno vi obbliga a creare una startup, ma ne avete compreso il senso e le ambizioni in profondità, temo non abbiate molta scelta.
Questo è ciò che i venture capitalist cercano: persone in grado di visualizzare il sogno e con la volontà, la capacità e la perseveranza necessarie per renderlo una realtà velocemente.
Il peggio che possiate fare è creare uno small business e chiamarlo startup. Ci investirete anni preziosi, i fondi di venture capital non investiranno ed alla fine brucerete tutto il capitale racimolato con tanta fatica — magari da piccolissimi investor — trovandovi alla fine del percorso con un’azienda da liquidare e tanti rimorsi. Magari poteva essere uno splendido life style business o una tech company che in 20 anni cresce in modo organico fino a diventare un’azienda florida con centinaia di dipendenti. Fare una startup è una cosa diversa che poco a che fare con una ordinary company. Richiede tanti capitali e una velocità di crescita non comune. Se quindi siete convinti a perseguire il vostro sogno di grandezza, fatelo puntando in alto e sapendo fin dal primo giorno che almeno $100 milioni dovrete trovarli strada facendo. Non improvvisate ed abbiate chiaro dove e come andarveli a prendere.
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Hi Massimo, interesting post!
It looks like the main point for minor hubs is to stay well connected to major hubs (such as in logistics or everywhere else we use the word hubs).
But since you mention that especially now a warm introduction is everything in the VC world of the major hubs, I think that just connection could be not enough.
I found really interesting the existence of scouts, seed investors who (dis)cover early stage startups also "on behalf" of bigger funds. Do you think those funds are willing to have scouts also in smaller markets? Are our (Italian) VC funds connected to major hubs in similar ways?