Cosa separa le persone che fanno le cose da quelle che le sognano soltanto
Il titolo è una citazione di Steve Jobs, e nell'articolo vediamo cos'è ☎️
La settimana scorsa sono successe due cose che mi hanno fatto pensare al tema di questo articolo.
“Most people never pick up the phone, most people never ask. And that's what separates the people that do things from the people that just dream about them. You gotta act. And you gotta be willing to fail.”
Steve Jobs (più giù l’intervista da cui è tratto questo pezzo)
La prima è che sono stata invitata qui a raccontare la mia storia e la mia esperienza, e a un certo punto un ragazzo mi ha chiesto “ma una volta che sei arrivata a San Francisco, come hai fatto effettivamente a realizzare le cose per cui eri stata mandata lì?” (si parlava del lavoro per cui ero venuta qui nel 2015).
E io avrei voluto dargli una risposta brillante e sorprendente, ma la verità è che ho bussato a un sacco di porte, parlato con un sacco di persone, avanzando di un centimetro al giorno, mandando giù dei gran rospi, e soffocando la mia indole introversa che detesta fare telefonate o parlare con persone sconosciute. La metà delle volte mi sarei nascosta sotto al tavolo pur di non dover attaccare bottone alle persone che lavoravano intorno a me al coworking. Ma l’unico modo per costruire quello che stavo cercando di costruire era proprio quello: chiedere, alzare il telefono, scrivere quella mail, esporsi. Sono arrivati diversi No, tanti Sì, e alla fine le cose si sono infilate. C’è voluto moltissimo leg work, e un’execution particolarmente ostinata.
La seconda è stata l’intervista a Gianluca (che abbiamo pubblicato qui lunedì scorso), in particolare mi ha acceso di nuovo la lampadina il suo discorso che ha fatto sulla disponibilità delle persone. A un certo punto della chiacchierata Gianluca ha parlato di quanto le persone fossero state disponibili con lui al suo arrivo a SF, perfino persone per cui lui era (e sarebbe continuato a essere) uno sconosciuto.
Questa disponibilità, unita all’inesorabile serendipity della Bay Area, lo hanno messo su un tapis roulant di stimoli e conoscenze e opportunità.
Il filo rosso di questi due momenti, come avrete capito, è l’importanza del chiedere, dell’esporsi, per riuscire ad avvicinarsi al proprio obiettivo. Pur sapendo che c’è la possibilità di ricevere un no, di fallire, o che le cose non vadano come vorremmo. Pur avendo lo stomaco che si contorce quando è ora di telefonare, o attaccare bottone a uno sconosciuto a un evento, o chiedere un’intro a una persona con cui non siamo in confidenza (se non vi succede siete fortunati, the world is your oyster!).
Premessa un po’ lunghina, lo ammetto, arrivo al dunque.
Queste due cose mi hanno fatto pensare a un pezzettino di un’intervista a Steve Jobs che ho visto diversi anni fa, e che ogni tanto riguardo, quando mi serve un pizzicotto di promemoria.
Il video è di quasi 30 anni fa. Nel 1994, la Santa Clara Valley Historical Association ha intervistato Steve Jobs. Dell’intervista sono disponibili solo alcuni spezzoni messi online proprio dall’associazione.
In generale, è un’intervista bellissima (un po’ di tempo fa avevo scritto un altro articolo a proposito di uno spezzone di questa intervista: Il segreto della vita, secondo Steve Jobs).
Nel pezzettino di cui vi voglio parlare oggi Steve Jobs parla di quanto sia stato importante, nella sua vita, chiedere le cose, buttarsi, non avere paura di ricevere dei no.
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Se capite bene l’inglese guardate direttamente il video originale (dura 1:42 minuti), altrimenti qui sotto vi metto la mia traduzione:
Ho sempre pensato che una cosa fosse molto vera: la maggior parte delle persone non fa queste esperienze perché non chiede mai di farle. Non ho mai trovato nessuno che non volesse aiutarmi quando glielo chiedevo. Ho sempre provato a chiamarli. Ho telefonato a Bill Hewlett quando avevo 12 anni, e lui viveva a Palo Alto. Il suo numero era ancora sull'elenco telefonico e lui stesso rispose al telefono. “Sì, salve, sono Steve Jobs. Ho 12 anni. Sono uno studente delle superiori e voglio costruire un frequenzimetro. Mi chiedevo se aveste dei pezzi di ricambio da darmi.”
Lui rise e mi diede i pezzi di ricambio per costruire il suo frequenzimetro. Quell'estate mi diede un lavoro alla Hewlett Packard, lavorando alla catena di montaggio, mettendo insieme dadi e bulloni sui frequenzimetri. Mi trovò un lavoro nella fabbrica che li costruiva e io ero in paradiso. E non ho mai trovato nessuno che mi abbia detto di no o che abbia riattaccato il telefono quando ho chiamato. Io semplicemente chiedevo. E quando le persone chiedono a me, cerco di essere il più disponibile possibile per ripagare il debito di gratitudine. La maggior parte delle persone non alza mai il telefono e non chiama. La maggior parte delle persone non chiede mai niente. Ed è questo che separa, a volte, le persone che fanno le cose da quelle che le sognano soltanto. È tutto qui. Dovete mettervi in gioco e dovete essere disposti a fallire. Dovete essere disposti a sbagliare o a fare una brutta figura, ad esempio, con le persone al telefono, con l'avvio di un'azienda, con qualsiasi cosa. Se avrete paura di fallire, non andrete molto lontano.
Bello, no?
Niente di nuovo o strabiliante, ma è un tema che sento molto ricorrente nelle storie di chi è passato da qui. E un’attitudine in generale molto importante per chi vuole mettersi alla prova un po’ fuori dalla propria zona di comfort.
Magari il pizzicotto-promemoria può servire anche a qualcuno di voi, a me sicuramente.
Buon lunedì!
Bel pizzicotto Irene! Il fatto di chiedere è determinante, sia al proprio network forte che al proprio network debole. E vale per qualsiasi ambiente, non solo per startup. Da introverso, condivido la difficoltà che si ha in quel momento, però è una attività a cui ci si può allenare. Più si fa, più risulta facile farlo.