La miglior exit strategy per una startup
Oggi di dedichiamo all'interesse dei founder e a quali ragionamenti dovrebbe fare quando quando decidono di creare una startup sostenuta dal venture capital
A chi si è affacciato al mondo delle startup negli ultimi quindici o vent’anni potrà sembrare che le regole del gioco siano sostanzialmente quasi le stesse. Le valutazioni crescono e calano, nuovi strumenti — come le SAFE — emergono, ma a parte questo, la storia non cambia più di tanto.
In verità il modo in cui le startup accedono al capitale e giungono a una exit ha subito un radicale e massiccio cambiamento nel corso del tempo. Io non sono uno storico di Internet o del venture capital, per cui prendere quanto segue come una mia versione degli eventi. Diciamo solo che ho abbastanza anni alle spalle in questo mercato per aver vissuto alcuni degli eventi in diretta. Molti di voi saranno troppo giovani per conoscere i nomi di aziende come GeoCities o conoscere motori di ricerca come Archie, ma conoscete Apple, Amazon e Intel. Partiamo dall’inizio, o almeno quello che interessa a me.
Prima dell’infausto periodo della cosiddetta New Economy— conosciuta anche come dot-com bubble — alla fine degli anni 90, che di fatto ha sdoganato per la prima volta l’accesso sempre più spinto alle risorse finanziarie delle società di venture capital, il processo era molto complesso, pieno di vincoli, ed in ogni caso, molto diverso rispetto allo standard odierno.
Il capitale disponibile era indubbiamente molto più limitato e sicuramente creare un company high-tech non era cosa da tutti. I VC prendevano delle fette molto importanti delle aziende ad ogni investimento e le startup ricorrevano molto più prudentemente al capitale privato rispetto ad oggi. Facendo una ricerca nel corso dei mesi scorsi ho iniziato a cercare di capire cosa rendesse così diverso il mercato delle startup e dei venture capitalist nel periodo tra gli anni 60 e gli anni 90. Alcune cose funzionavano diversamente e forse qualche spunto utile può essere estrapolato anche per i tempi odierni, nonostante i grandi cambiamenti ha cui abbiamo assistito nel corso di 50 anni.
Ho pensato di partire così: facciamo un salto indietro nel tempo e prendiamo qualche breve spunto dal passato. Poi cercherò di trarre qualche considerazione su quello che i founder dovrebbero sempre avere in testa durante “il loro viaggio verso l’immortalità”.
Caso #1: Intel
Quando Intel è stata creata nel 1968 da Robert Noyce e Gordon Moore, avevano necessità di capitale da investitori senza i quali non avrebbero potuto aprire uffici e stabilimenti di produzione. I 2 milioni e mezzo di dollari di cui Intel aveva bisogno arrivarono dal venture capitalist Arthur Rock in cambio del 50% di proprietà della società. Oggi diremmo “Wow!” ma all’epoca questo sembrò un buon affare e, a dirla tutta, a distanza di 50 anni lo è ancora. Noyce e Moore investirono 10 mila dollari ciascuno e la società decollò. Quando Intel fu quotata in borsa nel 1971 — solamente tre anni dopo — esordì con una valutazione di circa 23 milioni e mezzo di dollari. Nell’IPO raccolsero circa poco meno di 7 milioni di dollari.
Caso #2: Alto Computer Systems
In un’intervista reperibile in rete, Ron Conway racconta la storia di Altos Computer Systems — una società da lui cofondata — alla fine degli anni 70. In quel periodo a quanto pare serviva ben di più della “growth rate” per accedere al capitale dei VC.
Back in the 70s, in order to get venture capital, your company had to be high-growth and profitable. These conditions were required to qualify.
Altos fu creata nel 1977 e quotata al NASDAQ cinque anni dopo, raccogliendo $59 milioni dall'IPO.
Caso #3: Apple Computers
Nel 1976, quando Apple Computers fun incorporata in Delaware, l'azienda aveva raccolto 92 mila dollari da un investitore privato, Mike Markkula, per il 33,33% della società. Apple Computers non raccolse altri capitali dai VC prima dell'IPO nel dicembre 1980. Prima di allora ottenne un prestito di 250 mila dollari dalla Bank of America nel 1977, sempre grazie e Markkula. Questa linea di credito, combinata con i fondi di Markkula e i ricavi generati dalle vendite dei computer Apple I e Apple II, ha sostenuto la crescita dell'azienda fino all'IPO nel 1980. Alla fine del primo giorno di quotazione, la capitalizzazione di mercato di Apple era di circa 1,78 miliardi di dollari e l’azienda aveva incassato circa 100 milioni di dollari dal collocamento.
Forse alcuni di voi cominciano a riconoscere un pattern comune a tutti questi casi… ma andiamo avanti.
Caso #4: Amazon
Amazon, fondata nel 1994 da Jeff Bezos, inizia con un investimento di 10 mila dollari personali e 100 mila dollari da Friends & Family. Dopo circa un anno, raccoglie il primo round da Kleiner Perkins e altri. Al momento dell'IPO, tre anni dopo la fondazione, nel 1997, aveva raccolto un totale di circa 62 milioni di dollari da venture capital. Quello stesso anno decisero di quotarsi in borsa per sostenere i piani di espansione aggressiva dell’azienda e dal processo quotazione raccolse circa 54 milioni di dollari a una valutazione di circa 438 milioni di dollari.
Il capitale privato è stato indubbiamente cruciale per il successo di queste aziende, ma l’exit strategy degli investitori era legata principalmente dall'IPO, che avveniva tipicamente pochi anni dopo il loro investimento iniziale:
📈 3 anni per Intel
📈 5 anni per Altos Computer Systems
📈 4 anni per Apple
📈 3 anni per Amazon
Qui mi fermerei un attimo per lasciare che ognuno rifletta un minimo su questo fatto: dai 3 ai 5 anni per arrivare ad un liquidity event!
Probabilmente è stato con America Online, fondata nel 1990, e Yahoo!, fondata nel 1994, che è iniziata l'ondata di fusioni e acquisizioni legate a società Internet. La prima ha acquisito Compuserve nel 1998 e Netscape Communications nel 1999. La seconda ha acquisito Net Controls, Viaweb, Yoyodyne Entertainment, Broadcast.com e GeoCities pochi anni dopo la sua costituzione.
Quelli erano i primi giorni di Internet e da allora la tendenza delle M&A digitali è diventata un modo molto attraente per ottenere un liquidity event. Negli ultimi 20 anni, il mercato del venture capital ha attratto sempre più attori con fondi sempre più grandi fino a quando i fondi multi-stage da miliardi di dollari sono diventati la nuova normalità.
Con miliardi di dollari sotto lo stesso tetto, i VC hanno potuto finanziare la crescita delle startup, evitando il mercato pubblico per anni dopo il primo round. Allo stesso stesso tempo hanno finanziato la propria crescita, perché il 2% annuo per 10 anni su 1 miliardo di dollari sono un sacco di soldi.
La nascita di questi mega fondi è sicuramente stata la svolta decisiva che ha reso possibile alle startup rimanere private per 10, 12 o addirittura 15 anni. E ciò sembrava rendere felici tutti: fondatori, investitori e LP — coloro che finanziano i venture capitalist. Quello che non posso fare a meno di chiedermi è se la strategia che prevede di raccogliere di più e rimanere nel private market per tempi così lunghi sia veramente un reale beneficio per coloro che per primi hanno scommesso sull’impresa, i fondatori.
Nell'ultimo decennio, il private market è diventato sempre più competitivo con un’impressionante afflusso di finanziamenti nel settore delle startup. Secondo i dati della National Venture Capital Association (NVCA) e di PitchBook, in soli dieci anni, dal 2010 al 2020, l'ammontare totale di capitali investiti dai VC negli Stati Uniti è cresciuto più di 7 volte, mentre il numero di operazioni è aumentato di quasi 3,7 volte - quindi la dimensione dell'operazione è quasi raddoppiata.
Dovrebbe essere evidente ora come ci sia stata una trasformazione significativa nel corso degli anni, con un aumento sostanziale negli ultimi quindici anni — per quello che ho potuto osservare io. Il mercato del venture capital si è trasformato attirando sempre più interesse, ma non ogni evoluzione del settore è stata a reale vantaggio dei founder delle startup.
Una tale abbondanza di capitale nel mercato privato e fondi molto più grandi da coinvolgere hanno dato alle startup più opzioni rispetto all'IPO: rimanere private, crescere di più e puntare a una exit alla Facebook/Meta. Ciò ha funzionato durante i mercati rialzisti degli ultimi quindici anni, ma le cose sono cambiate molto negli ultimi due o tre anni quando il mercato pubblico si è raffreddato e quello privato ha seguito nel giro di poco.
Oggi, l'accesso al capitale è molto più complicato, il che si traduce in valutazioni più basse e meno deal chiusi. Il mercato dell'IPO ha drasticamente ridotto il suo impatto sulla liquidità per gli investitori e tutti sperano che le fusioni e acquisizioni arriveranno “to save the day”.
Il fatto è che non accadrà finché le aziende puntano al decacorn prima dell’IPO! I regolatori nazionali negli Stati Uniti, nel Regno Unito e in Europa sono diventati più entusiasti nel loro ruolo di sorveglianza del mercato per evitare la creazione situazioni di predominio o monopolio eccessivamente spinte. Per dare un idea, "più di $70 miliardi di dollari di acquisizioni pianificate da parte di società tecnologiche americane non sono state realizzate" negli ultimi anni, secondo Crunchbase. Molti deal sono falliti perché l'antitrust li ha contrastati e, nello stesso tempo, gli acquirenti si sono stancati e scoraggiati dal complicarsi del processo di acquisizione.
Un fattore che influisce sui problemi delle M&A è la dimensione dell'acquisizione, e questa è una conseguenza diretta delle startup che rimangono private troppo a lungo e diventano troppo grandi prima di accedere al mercato pubblico. Le cose possono solo peggiorare nei prossimi anni; tutti gli interessati — fondatori, dipendenti e VC — vogliono che gli eventi di liquidità — le exit — accadano; altrimenti, il mercato stagnerà e l'intero ecosistema ne soffrirà.
Il fatto divertente è che la gamma di soluzioni possibili a questo problema dovrebbe essere chiara a chiunque in questo settore:
Opzione n. 1:
Le startup dovrebbero sapere che, tra tutte le opzioni a loro disposizione per ripagare gli investitori, l'IPO è la migliore per il loro business.
In alternativa:
Opzione n. 2:
I fondatori dovrebbero considerare la ricerca di potenziali acquirenti nei primi anni dell’azienda. Fare affidamento su un mercato M&A quando la tua azienda è una decacorn è troppo rischioso e gli organismi antitrust di almeno un paio di continenti potrebbero ostacolare i loro piani.
Tutte le altre situazioni potenziali sono significativamente più intricate. Non puoi dare stock option ai tuoi dipendenti e dir loro che possono riscattarle solo tra 15 o 20 anni. Naturalmente, c'è sempre il mercato secondario, ma questo è più difficile e funziona bene solo durante i mercati rialzisti. Creare aziende che non controllerai dopo il primo round di finanziamenti — a causa del denaro dei VC che hai raccolto — e non avere una chiara exit strategy a 5, 6 o al più 7 anni dalla sua fondazione non è buono né per i fondatori, né per i dipendenti — e neppure per la gran parte dei VC. Questo non era il caso quando Internet ha fatto la sua prima grande apparizione pubblica1 a meta degli anni 90 e le persone hanno iniziato a investire nel suo potenziale.
Ora, chiediamoci: perché le cose sono cambiate così sensibilmente in poche decadi?
E cosa ancora più importante: mi chiedo perché i founder fanno parte di questo gioco — let's create a company with a valuation of $10 billion while venture capitalists are still involved — che non è nel loro interesse?
Ci sono molte ragioni, la maggior parte delle quali possono essere ricondotte a una mancanza di chiara comprensione da parte dei founder su perché hanno deciso di creare una startup in primo luogo.
Alle prime fasi, una startup ha accesso a capitali privati perché gli investitori hanno il “gut feeling” che il team, che sta costruendo quel prodotto in quel mercato, potrebbe generare ritorni massicci in tempi rapidi. In cambio, i fondatori accettano che non saranno in grado di decidere il futuro della loro azienda da soli, come invece qualsiasi altro imprenditore vorrebbe fare. Inoltre, più capitale raccolgono, più vengono diluiti — perdono, cioè, un peso percentuale nella proprietà dell’azienda. Più tempo li separa dall'evento di liquidità, più complicato diventerà il percorso. E l’exit è qualcosa di cui gli investitori hanno bisogno perché devono restituire il capitale ai loro LP.
Non tutti gli eventi di liquidità sono così convenienti per chi crea una start. Alcuni richiedono loro di vendere la loro azienda a un acquirente e diventare dipendenti per un certo numero di anni, mentre altri no. Quando invece l'azienda sceglie di quotarsi in borsa, gli investitori possono uscire dal business e i fondatori possono ritornare ad avere un certo peso decisionale importante nella loro company. Ovviamente, essere una società pubblica ha i suoi pesi e le sue aspettative dal mercato, ma niente più Preferred Stocks. Tutti diventano Common Stock. Questo è il modo per riportare in carreggiata la propria azienda e far felici tutti!
Le persone che stanno costruendo l'azienda dei loro sogni non vogliono perderla e sicuramente non vogliono vedere le loro realtà crollare dopo aver messo così tanto impegno nel realizzarle. Penso che questo sia qualcosa su cui tutti possiamo concordare. Ecco perché ho difficoltà a capire cosa è successo negli ultimi due decenni.
Perché aspettare fino a quando è troppo tardi per perseguire le opzioni M&A o rimanere nel mercato privato più a lungo del necessario, rischiando di perdere il gioco attraverso un processo doloroso?
Andare in borsa dovrebbe essere solo l'inizio del viaggio. Guardando le performance delle aziende di successo nel mercato pubblico, possiamo chiaramente vedere che il valore creato dopo l'IPO — negli anni — è enormemente maggiore a quello creato negli anni prima.
10 mila dollari investiti in Apple all’IPO oggi varrebbero oltre 16 milioni di dollari.
Ogni founder che miri a creare la prossima Amazon, Microsoft o NVidia, lo fa con l’obiettivo di tenerla per se, gestirla per molto tempo e sicuramente farne un'azienda che cresce e, nei decenni, lascia un segno. Da questo dovrebbe essere chiaro a tutti i wanna be founder che la migliore ricetta per riprendere possesso della propria creatura è raccogliere il minimo capitale necessario per portarla in borsa velocemente. Tenere la startup privata per troppo tempo è un gioco progettato nell'interesse dei gestori di fondi da miliardi di dollari.
Il gioco può cambiare. Se l'obiettivo delle persone fosse quello che ho appena descritto — che culmina con l’IPO — il loro focus dovrebbe essere sia sulla generazione di ricavi, che sul raggiungimento dell'autosufficienza finanziaria fin dal primo giorno. Con questo obiettivo in mente sarebbe chiaro quando smettere di raccogliere capitali o quando una valutazione è assolutamente fuori luogo per lo stadio di sviluppo del business.
Ricorda: ogni errore commesso per arroganza durante il processo di costruzione di un'azienda alla fine tornerà sempre indietro e gli errori di questo genere, se ripetuti spesso, hanno conseguenze fatali.
Quale conclusione per chi si approccia a questo mercato?
Potrebbero esserci strategie migliori rispetto a ritardare l'IPO per perseguire una valutazione sempre più alta. Ciò porterà a una sostanziale diluizione della tua quota e a una diminuzione del morale tra i tuoi dipendenti. Invece, concentrati sulla costruzione di un'azienda in grado di crescer velocemente i ricavi ma con un occhio costante alla redditività, evitando la tentazione di spingerti troppo verso l’acquisizione di quote di mercato pagato sempre e solo con il capitale degli investitori. Usa il capitale privato nei primi anni per costruire un prodotto che dimostri di scalare come serve. Ricordati che l’IPO è quello a cui stai puntando e quindi ad ogni raccolta stai attento al rapporto tra ricavi e valutazione, altrimenti potrai solo rimanere nel mercato privato. Mi rendo conto che se l’azienda cresce al ritmo giusto potrebbe essere difficile resistere alla tentazione di accettare finanziamenti da vari investitori che presentano proposte allettanti. Ma se hai una chiara comprensione di quale sia il tuo obiettivo effettivo, rifiuterai rispettosamente.
Se poi l’azienda dopo 6-7 anni cresce ma non come da piano, impedendoti un’IPO in 18 mesi, vai alla ricerca di un potenziale acquisitore.
Ricorda che le aziende si vendono bene solo quando vanno bene 😀
Questo perché Internet (allora ARPANET) nasce nel 1969.