Startup 101: Siete sicuri che un team distribuito faccia veramente per voi?
Team remoto vs. tutti nello stesso ufficio. Pochi sono pronti a lavorare da remoto dal primo giorno e non è sempre la soluzione migliore nella fase di pre-seed o seed. Vediamo perché.
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🤔 Cos'è che funziona meglio? Team remoto o tutti nella stessa stanza?
È una cosa a cui penso molto, soprattutto grazie all’esperienza accumulata con gli oltre 60 investimenti che abbiamo a portfolio e qualcosa vissuto sulla mia pelle qualche anno fa. Quando è nata Lombardstreet Ventures nel 2017, credevamo che l'accesso ai migliori talenti grazie al remote work avrebbe surclassato il modello canonico, nel quale il team lavora tutto nello stesso ufficio. Noi stessi eravamo nati ed ancora siamo una remote-first company.
Ed è vero, in alcuni casi i distributed team sono di gran lunga migliori del modello classico. Assumere più velocemente, avere un accesso a talenti da tutto il mondo, costi del personale più bassi rispetto alla Bay Area, meno investimenti in uffici e decisamente meno distrazioni, rimane un grande plus.
Sosteniamo ancora fortemente quel modello, ma dopo cinque anni di lavoro su questa tesi, sembra che la maggior parte dei founder che “incontriamo”, approccino il tema “remote work” nel modo sbagliato.
Le persone di talento vivono ovunque, costringere loro e le loro famiglie a trasferirsi in un posto diverso per cogliere una nuova opportunità di lavoro non è spesso un'opzione. Come azienda puoi coprire i costi del trasferimento, oltre a stipendio e benefit, ma spesso è più facile trovare le persone di cui hai bisogno vicino a te, oppure assumerli da remoto.
Chiariamoci: sono sicuro che se c'è una cosa che Internet avrebbe dovuto rendere possibile è una collaborazione remota efficace e senza soluzione di continuità tra le persone. Il miglioramento degli strumenti di comunicazione avrebbe dovuto rendere la collaborazione quasi del tutto indipendente dalla geografia del team. In questo senso abbiamo sicuramente fatto un enorme balzo in avanti negli ultimi anni e le piattaforme di collaborazione come Zoom, Discord, Slack e Stonks hanno in generale portato vantaggi alle startup nate negli ultimi 10 anni.
L’annullamento delle distanze grazie a tool tecnologici dovrebbe essere qualcosa che possiamo dare per scontato nel 2022. Oppure no?
Nì! Una startup è una razza molto particolare di azienda tecnologica.
Il suo successo è misurato in base alla capacità che questa dimostra di avere nell’apprendere e crescere molto più velocemente di una normale azienda. Perché ciò accada, l'accesso al talento è fondamentale: questo lo sanno tutti. Avete nel team le persone più smart non è però l'unico ingrediente per una ricetta di successo. La decisione di costruire una cultura “locale vs. remota” dipende da molti fattori e non va presa alla leggera.
Ci sarebbe moltissimo da dire, ma in questo articolo focalizzerò la mia attenzione su due punti particolare:
Qual è la scelta migliore per il successo dell'azienda
In quale fase ha senso che la startup inizi a considerare seriamente di organizzare il team (anche) da remoto
La decisione dei founder di creare una startup “remote-first” deve basarsi su ciò che è meglio per successo dell’azienda nel lungo periodo. Non deve essere mai presa solo perché questo è il modo più semplice/economico per costruire un prodotto.
Se ci pensate bene, avere una persona in India, una negli USA e l’altra in Italia non vi semplifica le cose.
Quando dico “meglio per l’azienda” intendo ciò che è meglio per i clienti e la velocità di crescita.
I founder dovrebbero porsi due domande fondamentali:
Abbiamo l’esperienza o l’attitudine necessaria per gestire la complessità di un'organizzazione distribuita fin dal primo giorno?
Saremmo in grado di farla funzionare su larga scala?
Assumere un ingegnere altamente qualificato che vive a 6.000 miglia di distanza (ad esempio nell’Est Europa) per metà del tipico stipendio della Bay Area sembra allettante, ma siamo in grado di coinvolgerlo come se fosse seduto al nostro fianco? Questo migliorerà la nostra velocità di reazione/esecuzione?
Gestire un'azienda distribuita è decisamente più impegnativo rispetto ad avere tutti nello stesso ufficio a San Francisco. Ma non solo. Pochissimi founder sono pronti ad adottare il modello distribuito sin dal primo giorno.
Penso che, in generale, ci siano fasi aziendali per le quali un modello calzi meglio dell'altro.
Pensiamo, ad esempio, ad una startup con a 2 co-founder che lavorano 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Hanno iniziato da 6 mesi, scrivono codice, progettano e sperimentano molto.
In questo caso, ogni decisione presa, ogni funzionalità rilasciata, ogni strategia definita, è temporanea per definizione e deve essere totalmente condivisa tra i co-founder.
Ad ogni rilascio va analizzata la risposta degli utenti: questo richiede tempo, tanti Google Sheets, ma soprattuto, un confronto costante all’interno del founding team. In queste condizioni la rapidità con cui prendiamo le decisioni ha un impatto forte sul nostro business.
Fino a quando l’azienda è composta da 10, 20 o anche 30 persone, la sua gerarchia è totalmente piatta. Una volta che il numero delle persone cresce è necessaria più struttura.
Alcune scelte vengono naturalmente delegate ad altri team e figure come Product Manager, Team Lead e successivamente VP, diventano autonome nel prendere la gran parte delle decisioni.
È a questo punto che la distribuzione del team può essere accettabile e talvolta consigliabile.
L’azienda ha acquisito una stabilità, o almeno così sembra.
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Ci sono alcuni momenti della vita di una startup in cui tenere sotto controllo il burn rate diventa una questione di vita o di morte. In quel caso l’accesso a talenti meno costosi può fare la differenza quando si decide dove assumere le persone.
È vero che il fattore economico influenza il processo decisionale di un'azienda in qualsiasi fase, però ci sono momenti in cui non rallentare il processo decisionale quotidiano è più importante che assumere le persone migliori su piazza.
Quando siete agli inizi della vostra startup e non avete ancora raggiunto il Product-Market Fit, vi consiglio vivamente di avere il founding team tutto nella stessa stanza.
E questo è particolarmente vero soprattutto se è la prima volta che create una startup. Se poi volete aumentare al massimo le vostre possibilità di riuscita, il founding team dovrebbe condividere lo stesso appartamento, in modo tale che le persone possano avviare un confronto, parlare di prodotto e utenti ogni volta che lo si desiderano. A colazione, o nel mezzo della notte, non importa.
È un incredibile vantaggio competitivo riuscire a costruire una cultura senza barriere tra i founder e proprio per questo non è cosa facile. Richiede una scelta radicale e senza vincoli.
E riuscire a sopravvivere al “test della convivenza” è un buonissimo segnale non solo per la startup, ma anche per gli investor.
Se poi do una breve occhiata al nostro portfolio, le startup che chiudono i battenti sono quasi sempre quelle nelle quali il founding team di divide.
I founder che evitano questo “reality check” spesso non si mettono alla prova abbastanza.
Mi viene da dire che forse tutti i founding team dovrebbero passare questo test, visto che i seguenti 10 anni della loro vita saranno fortemente vincolati al successo di questa relazione.
Quando CEO e CTO non vivono e lavorano nella stessa città può risultare difficile per loro tenere lo stesso ritmo e, di solito, il CEO prende la maggior parte delle decisioni — perché qualcuno deve farlo.
I founder che vivono in fusi orari diversi possono facilmente non sopravvivere al “co-founding test”, dopo poco prendere strade separate, o trovarsi ad avere un peso sbilanciato nel processo decisionale quotidiano. Questo può portare stress all’interno del team, o addirittura compromettere definitivamente il progetto.
Non sto dicendo che non sia possibile costruire un'azienda di grande successo con un team remoto fin dal primo giorno — e, per la cronaca, noi cerchiamo continuamente team con queste caratteristiche — ma, soprattutto nei primissimi anni, è un enorme vantaggio poter avere il proprio co-founder seduto al nostro fianco.
Le persone con almeno una startup alle spalle, possono forse gestire meglio le relazioni con gli altri co-founder fin dal primo giorno, anche quando questi lavorano da remoto, ma nella mia esperienza rimangono casi rari.
Se siete un first-time-founder e volete massimizzare le probabilità di creare una startup di grande successo 🦄, dovete evitare accuratamente tutte le complicazioni non necessarie.
Vi garantisco che avrete centinaia di problemi da risolvere e un team distribuito può essere una sfida inutile — almeno all’inizio.
Marco Palladino, co-founder e CTO di Kong, ha creato la sua azienda con Augusto Marietti a San Francisco intorno al 2010. Sono arrivati negli Stati Uniti come immigrati e hanno avuto un'esperienza diretta del tema di cui vi sto parlando. Avrebbero potuto assumere persone dall'Italia e creare un team remoto, ma non l'hanno fatto. Perchè? Marco me lo ha spiegato cosí:
“Early stages require rapid pivoting of ideas, lots of creativity, and stewardship with the team by building strong personal connections, none of which happen remotely on a zoom call. Once the course is set, product market fit is found, and the business is growing, then remote teams could be an option because we need a little bit less pivoting, a little bit less creativity, and a little bit more process. Of course, there are always outliers, but when building a company, we need to maximize our chances to succeed, so I don't find comfort in knowing that a fraction of a fraction of startups are able to be successful on Zoom compared to the vast majority that was built in person.”
Capito? Perché affrontare fin da subito un problema che posso evitare? Paul Graham in un’intervista che ho ascoltato qualche giorno fa diceva che non sono tanto le persone “smart” a costruire startup di successo, ma quelle determinate e perseveranti. Anche Steve Jobs, se pur con parole diverse, si era espresso in questo modo tanti anni fa.
D'altra parte però, i VC cercano founder visionari e spesso fuori dagli schemi, quindi chi sono io per dire che non dovreste impostare la vostra startup fully-remote fin dal primo giorno?
L'unica cosa certa che posso dire è che incontro centinaia di founder ogni anno, e pochissimi di loro sono pronti a creare un'azienda fatta cosí.
Come investitori, in questi casi vogliamo capire come pensate di gestire il vostro team e costruire una cultura condivisa quando avete 9 ore di fuso orario che vi separa. Che esperienze avete e perché un distributed team è un bene per il successo della vostra azienda. Se le risposte sono convincenti, investiamo.
Assumere persone in luoghi diversi può essere utile per accedere a ingegneri di talento e mantenere basso il tasso di burn, ma fa veramente per voi?
Una cosa però è certa, avere il founding team che, almeno nei primi anni, condivide lo stesso spazio fisico è così prezioso che devono esserci ottime ragioni per non farlo.
Ciao Scilla, una startup che parte dal mercato italiano o francese o tedesco ha sicuramente anche questo problema. Diciamo che, come spesso ricordiamo, è molto meglio avere un co-founder tecnico che possa stare nella tua stessa stanza o almeno sulla tua stessa time zone. Io non coinvolgerei mai un'agenzia per la costruzione del prodotto visto che questo è l'asset principale. Credo che anche i founder non tecnici debbano cercare di entrare il più possibile nella componente tecnica, almeno per capire a grandi linee cosa si sta costruendo e come. La qualità, anche tecnica, del prodotto non può essere delegata e rimane responsabilità del CEO.
Tornando al tema della lingua, ecco perché approcciare inizialmente una zona geografica con centinaia di ML di persone che parlano una stessa lingua e condividono in gran parte la stessa cultura e abitudini rimane più semplice. Non so se sia comunque saggio dire che il tech lead sia la persona migliore per interfacciarsi con la customer base–a meno che non sia il settore IT e nel qual caso l'inglese non è una issue. Meglio che sia il CEO a parlare con tutti gli altri.
Concordo che all'inizio si debba lavorare tutti insieme. Ma per questo ciò che veramente conta è essere nello stesso timezone, più che nella stessa stanza.
In Mobland, il core team è negli USA, ma il resto del team è distribuito dappertutto nel mondo, con una grossa parte in Cina. Se ti organizzi bene, vai alla grande. Se però il core team sta su timezone incompatibili, diventa molto difficile procedere velocemente, e la velocità è un fattore imprescindibile per raggiungere traguardi di valore. Come dici tu, dipende da un sacco di fattori