Un breve viaggio nella storia della Silicon Valley
Per capire la Silicon Valley è importante conoscere cosa l'ha resa il polo di innovazione più rilevante del pianeta.
Dopo tutti questi anni spesi tra viaggi e iniziative collegate alla Silicon Valley, ancora oggi non riesco a trovare il modo di spiegare in maniera esplicita il valore di queste zone.
Certo, qui sono nate molte delle aziende high-tech che tutti conosciamo oggi, ma perché proprio qui?
Cosa ha questo luogo di tanto speciale che non si possa facilmente replicare in altre zone della terra?
Perché non basta riunire investitori, aziende e talento nello stesso luogo?
Per iniziare il viaggio di questa community che dall’Italia ci guiderà all’interno di San Francisco, Palo Alto, Menlo Park, San Jose e tante altre zone della Bay Area, è indispensabile comprendere come tutto questo è nato.
[Per i pigri che penseranno TL;DR - Too Long; Didn’t Read - facciamo una stringatissima sintesi:
Nel 1891 nasce Stanford, prima università con l’obiettivo di “direct usefulness in life”
La Silicon Valley a questo punto è piena di frutteti
Durante la Seconda Guerra Modiale il Department of Defence investe centinaia di miliardi di dollari in ricerca in outsourcing, principalmente alle università
Stanford coglie l’occasione e cambia tutti i curriculum per sfornare ingegneri, raccoglie tantissimi investimenti dal DOD
Inizia il flusso migratorio da tutti gli USA per fare ricerca qui
I ricercatori poi rimangono qui e creano imprese perché gli investimenti pubblici avevano abbassato a sufficienza il prezzo della componentistica
L’Europa post-bellica si concentra sulla ricostruzione, gli USA hanno 2 decenni di vantaggio
Nagli anni ‘70 la Silicon Valley diventa il punto di riferimento mondiale per l’innovazione tecnologica
Da allora cavalca tecnologia dopo tecnologia adattandosi al mondo che cambia: transistor -> personal computer -> software -> AI -> next thing
Fine riassuto - ma anche l’articolo merita.]
La Silicon Valley come culla della tecnologia, nasce ben prima di Internet. Ma non solo della rete delle reti che oggi tutte conosciamo, che ha iniziato a diffondersi agli inizi degli anni novanta, ma anche ben prima che la prima Internet, ARPANET, nascesse nel 1969.
La Santa Clara Valley (oggi nota come Silicon Valley), le cui origini vanno fatte risalire alla seconda guerra mondiale, deve molto del suo iniziale popolamento di talenti all’università di Stanford.
Questo polo universitario, sorto sull’immenso terreno donato da Leland Stanford e sua moglie Jane nel 1891, contrariamente ad università d’elite come Yale e Harvard, non nasce con l’obiettivo di creare dei letterati e gentiluomini, bensì con un fine molto diverso:
“to qualify its students for personal success, and direct usefulness in life”
Queste erano le intenzioni del suo benefattore, creare qualcosa di diverso nel panorama dei poli universitari dell’epoca. Contrariamente alla gran parte delle università americane, Stanford fin dalla sua fondazione ammetteva donne al suo corso di laurea.
Non aveva tasse universitarie (almeno in quei tempi) ed era stata progettata per accogliere la working class del paese. Era un po’ il sogno di Mr. Stanford: creare un luogo nel quale chiunque armato di grande volontà e impegno, indipendentemente dal suo ceto sociale, potesse diventare qualcuno.
Un’università in qualche modo pensata come la realizzazione del sogno americano. In qualche modo, questa sua attitudine di apertura, non la rendeva sicuramente ben vista dai college blasonati del Paese. Contraddistinta dal “saper fare” più che dal “sapere” fine a se stesso, Stanford brillava per corsi di laurea legati alla tecnica e tecnologia dell’epoca.
Ma facciamo un balzo in avanti. Con l’esplosione della seconda guerra mondiale, il DOD o Department Of Defence americano aveva iniziato ad investire centinaia di miliardi di dollari in ricerca su qualunque tecnologia potesse dargli un vantaggio competitivo in ambito bellico (sia offesa che difesa) e, fatto ancora più rilevante, tale ricerca veniva data tutta in outsourcing. Normalmente questo enorme afflusso di capitali era in gran parte appannaggio dei centri di ricerca universitari della East Coast americana, come Boston.
Le cose cominciarono a cambiare nel momento in cui Stanford, compresa l’opportunità, divenne sempre più attenta ai corsi di studi del suo ateneo, privilegiando le specializzazioni che servivano alle imprese della zona (e quindi al mercato) per assumere personale qualificato. La Silicon Valley di quegli anni era per lo più zona agricola, e le poche aziende presenti sviluppavano tecnologie per il DOD.
La trasformazione del curriculum di studi di Stanford ebbe una svolta decisiva negli anni 50 sotto la guida di Frederick Emmons Terman, o semplicemente Fred Terman, quando questi comprese che per accedere agli enormi finanziamenti che il governo americano metteva a disposizione, era essenziale riformare immediatamente il proprio corso di studi per “sfornare” ingegneri o comunque laureati in discipline scientifiche.
La velocità con cui Stanford riuscì a mettere in atto questo cambiamento, determinò non solo il corso della propria storia, ma anche quello delle aziende che nelle aree limitrofe stavano sorgendo.
D’altro canto, il governo americano acquistando in sempre maggiori quantità la tecnologia prodotta dall’industria del nord della California, faceva inconsciamente da apripista per nuovi mercati, come quello dell’elettronica, della microelettronica e dei transistor.
Grazie ad un cliente così vorace, il prezzo di tale componentistica era diventato basso a sufficienza, affinché anche i privati (le aziende) iniziassero ad usarle per creare prodotti da vendere sul mercato. Questo determinò la nascita delle prime compagnie non dipendenti dal governo.
Nel frattempo migliaia di fisici, matematici e ingegneri americani avviarono un flusso migratorio verso la Bay Area, per avere un lavoro nell’industria della zona e, forse, perché no, cogliere l’opportunità di lavorare su tecnologie d’avanguardia. Le persone che arrivavano in Santa Clara Valley erano tutte parte della working class del Paese e non un’élite privilegiata. Erano ricercatori e esperti di ogni branca della scienza a cui veniva offerto un impiego in un mercato emergente e che cresceva rigoglioso grazie agli investimenti della nazione.
Va da sé che l’università era di conseguenza fortemente incentivata a produrre risultati concreti e utilizzabili dalla committenza in tempi rapidi. Gli esperti venivano pescati da ogni angolo del paese e trasferiti in queste zone con l’idea che ci stessero per l’intera durata della guerra. Beh, molti di questi ci rimasero molto più a lungo e costruirono aziende iniziando a fare la storia della rivoluzione tecnologica arrivata fino a i nostri giorni.
Per dare l’idea di quando florido fosse il settore, nel 1955 il mercato dell’elettronica negli USA valeva 8 miliardi di dollari e veniva appena dopo il mercato dell’auto e dell’acciaio.
Rispetto all’Europa, che negli Anni ‘50 si stava ricostruendo dalle ceneri della guerra, gli Stati Uniti avevano avuto la possibilità di sviluppare l’industria e la ricerca guadagnando almeno due decenni di vantaggio rispetto a paesi come Italia, Francia e Germania. Tra diversi atenei del Paese, quello diretto da Fred Terman era riuscito a cogliere i frutti maggiori grazie alla focalizzazione sull’ingengeria applicata di cui le industrie avevano bisogno.
La classe lavoratrice della zona era per lo più giovane e di matrice tecnico-scientifica. Inoltre la Bay Area, pur lavorando molto per la difesa americana, era distante ed isolata a sufficienza per tenersi alla larga da politica e mondo finanziario. Questo le evitò di dover sottostare, almeno per qualche decennio, al valzer dei favori a cui invece altri avevano dovuto piegarsi.
Tutto questo innescò un volano che ha portato fino ad oggi.
Negli anni, quella che nel 1971 iniziò ad essere conosciuta come Silicon Valley, sviluppò una capacità unica di cavalcare tecnologia dopo tecnologia adattandosi al mondo che cambiava ed alle opportunità che il progresso scientifico offriva. Ed ancora oggi in gran parte è così: dai transistor è passata ai personal computer, al software, alle biotecnologie, all’energia pulita, al cloud, all’intelligenza artificiale, al foodtech e chissà cos’altro nel futuro.
Grazie Massimo della tua ottima sintesi.
A Stanford University va dato indubbiamente merito di avere realizzato un modello di sviluppo della ricerca applicata straordinario, da sempre riferimento anche per tutte le altre università americane.
Conoscerai sicuramente SRI (Stanford Research Institute) di Menlo Park, fondata dall'ateneo nel 1946 con l'obiettivo di mettere in contatto i dipartimenti con le imprese in modo che l'innovazione generata dalla ricerca applicata avesse uno sbocco diretto immediato e trasformando poi le imprese in clienti.
Fin da subito SRI aveva cercato di farsi commissionare progetti di ricerca anche al di fuori degli Usa e nel 1960 aveva aperto un ufficio a Milano che presidiava le grandi aziende presenti in Italia, Svizzera e Iugoslavia. L'ufficio è stato attivo fino al 2000 (è stato poi accorpato a quello di Londra) e da questi paesi diverse imprese hanno investito in Stanford University - attraverso SRI - per progetti di ricerca applicata in vari settori (metalmeccanica, chimica, farmaceutica, automotive).
Conosco questa realtà dall'interno in quanto la persona che aveva aperto e poi diretto la sede italiana era mio papà e fin da bambino ho avuto la gran fortuna di imbattermi spesso nel suo ufficio in tecnologie "futuristiche" portate dai suoi colleghi californiani. Ricordo ancora che già a metà degli anni '70 veniva usata una valigetta-telefax dove c'era un alloggiamento per incastrare la cornetta del telefono fisso e che permetteva di inviare documenti (ma non di riceverli) a Menlo Park mentre erano in viaggio. Della serie sempre 20 anni avanti.
Hai qualche libro da consigliare per approfondire?