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Il team tecnico può permettersi di non trasferirsi oggigiorno grazie alla tecnologia. Il Ceo DEVE stare in un posto "caldo" dove il network e tutto ciò che lo circonda trasudi interesse, stimoli ed opportunità per il suo business. Utenti, partners, investitori in grande quantità sono in USA, San Francisco, forse in Israele che dicono essere la SV d'oltreoceano (ho sentito parlare bene anche di Ukraina e Cile). Di sicuro non sono in Italia; noi ancora oggi a causa della burocrazia, del nepotismo, dei pochi fondi a disposizione e della paura che il cielo ci cada sopra la testa siamo un paese del terzo mondo in quanto a poter offrire rapide opportunità alle startup! Infatti tutti fuggono appena possono come facevano gli artisti dell'ottocento, nel cercare un posto che li aiutasse ad esprimersi, si trasferivano tutti a Parigi dove l'arte in tutte le sue forme si respirava nell'aria e dove il network li aiutava a concretizzare le loro potenzialità! La Storia si ripete sempre.

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Mi piace il parallelismo con la Parigi dell'Ottocento 😊 Concordo su tutto, a parte la possibilità di trasferirsi in Israele che è davvero un ecosistema tra i più chiusi al mondo: dialoga solo con la Silicon Valley e pochissimo altro.

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Se la domanda è "da dove fareste partire la vostra startup", penso che la risposta giusta sia da casa mia. Pensare di andare a fare una startup da un'altra parte vuol dire credere di sapere già che prodotto farà, che mercato servirà, che tecnologie serviranno, pensare che non ci saranno pivot, ecc. Fare una startup è una near death experience quotidiana, non ha senso andare a fondarla in un altro paese, le chance che il progetto sopravviva un anno sono molto remote.

Quando ho lanciato un progetto per degli occhiali a realtà aumentata fashionable avevo pensato di insediarmi in Cadore, la zona leader mondiale nell'occhialeria, poi ho capito che era un errore.

Se invece la domanda è dove stare dopo aver trovato il product market fit o qualcosa del genere, allora il dubbio ha molto più senso.

Oppure può aver senso andare in SV se si parte dall'idea di voler fare il founder in generale, già pensando che il successo potrà arrivare al terzo tentativo.

Secondo me.

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Non saprei, credo che il concetto di "casa mia" come luogo geografico sia sempre più vago, soprattutto nelle generazioni più giovani. Un ragazzo di 25-30 anni, senza particolari responsabilità economiche o familiari, magari ha già avuto diverse "case" e quindi a livello lavorativo si è creato diversi network su cui può "installare" la propria startup. Penso a una persona che conosco molto bene che ha 26 anni, nata in Romagna, ha studiato a Bologna, poi a Buenos Aires, poi a Tel Aviv. Poi ha fatto la specialistica a Trento e Pisa, ora lavora a Milano. Qual è casa? E quanto tempo ci vuole per far diventare casa un nuovo posto dove magari c'è terreno molto fertile per un'idea in un settore specifico?

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Vabbè, il tuo esempio è un tantino estremo ... Anche se ci limitiamo a parlare di ventenni senza relazioni sentimentali, la grande maggioranza dei ragazzi ha vissuto a lungo al massimo in due città, e se poi consideriamo anche i cofounder (che devono essere anche loro senza relazioni sentimentali significative) scendiamo a una.

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Continuo ad essere dell'idea che avere il business dov'è il tuo target mantenendo il team tecnico remoto (magari in Italia) sia la scelta migliore. Permettere alle persone di lavorare dai piccoli paesi rimane una delle conquiste migliori degli ultimi anni. Nel 2016 scrivevo questo articolo riguardo il legame tra Gentrification, Trump e Brexit, che ne pensate? https://mconventi.medium.com/brexit-e-trump-ci-dicono-che-non-possiamo-ignorare-il-resto-del-paese-e6a239e993b0

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Si può dire che sei stato premonitore ed anche un pò profetico, bravo! Scherzi a parte io credo che tu abbia ragione e che l'andamento della curva "lavoro decentrato" dovrà dividersi il palcoscenico con la curva "voglio i miei dipendenti tutti sotto uno stesso tetto". Un pò perchè è fisiologico: i datori di lavoro sono esseri umani imperfetti, imprevedibili ed arrivano a diverse decisioni anche con le stesse premesse. Poi solitamente i cambiamenti durano decenni e la vecchia situazione convive con la nuova per parecchio (vedi auto a carburante, ibride ed elettriche). Poi gioca un ruolo ciò che vuole il singolo lavoratore; ci sarà colui che preferisce stare al centro di NY anche se fa il pendolare e tutto costa di più piuttosto di colui che sta bene nel suo paesotto a km 0. Io penso che sia un bene che ora c'è un'alternativa (sebbene ancora non efficiente al 100%) il che significa una sola bellissima cosa: poter scegliere!

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Sono completamente d'accordo, anche nel nostro caso di piccola azienda non si trova una soluzione unica ed abbiamo l'ufficio a disposizione di chi voglia andarci e lasciamo gli altri liberi di lavorare da remoto. Ci possono essere molti motivi per cui una persona preferisca andare a lavorare in ufficio e magari anche fare il pendolare quindi è difficile trovare una soluzione buona per tutti nel nostro piccolo caso figuriamoci per aziende più grandi. Grazie del commento!

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Bello l'articolo, complimenti! Penso anch'io che il bilanciamento sia la giusta risposta. Per alcuni ruoli chiave o alcuni settori non è possibile lavorare completamente in maniera distribuita, mentre per altri è assolutamente l'ideale. A volte poi dipende anche da specifici momenti o avvenimenti di un'azienda/settore: noi in Lombardstreet per esempio siamo sempre distribuiti, tranne durante i demo day che preferiamo farli in presenza (quando possibile). Mio marito invece è un software engineer a GitHub, che è un'azienda completamente distribuita, e vede di persona i suoi colleghi una volta all'anno quando si trovano per i retreat/off site e non potrebbero lavorare diversamente.

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Si, credo sia impossibile trovare una via che sia buona per tutti. Alcune persone non vogliono stare da soli tutto il giorno tutti i giorni oppure semplicemente c'è chi per motivi personali (figli?) preferisce lavorare fuori casa. Molti altri invece sono contenti di lavorare da casa.

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Sono dell’idea che l’ambiente in cui opera una startup influisca in modo cruciale sul mindset, cultura, network e intraprendenza dei sui componenti, fattori fondamentali per il successo e la grandezza di un progetto. Qual è quindi il miglior ambiente per sviluppare maggiormente i fattori appena nominati? Sicuramente SF, non importa dei costi alti che ha la vita in questa città o del tempo necessario per ambientarsi, sono da vedere come un investimento il cui ritorno in termini di mindest e network sono migliori di qualsiasi altro posto. Lavorare vicino alle migliori startup e i migliori imprenditori ti migliora anche se non lo volessi.

Non sono un fan del pure remote working: credo che per avere un progetto veramente di successo sia necessario lavorare, almeno per il periodo iniziale, a stretto contatto, per formare una cultura aziendale, un modo di pensare/lavorare e una certa coesione di team.

In un secondo momento, poi, la modalità ibrida può essere sicuramente una buona soluzione.

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Sulla prima parte del tuo commento sono completamente d'accordo, sulla seconda ancora non ho un'idea chiara.

Io lavoro quasi completamente remote da più di 6 anni e mi ritrovo tantissimo in questa modalità. Ho fatto partire progetti da zero completamente da remoto, con team che hanno lavorato benissimo ognuno da casa sua. Però non ho ancora un'idea forte sul tema, in particolare come dici tu sull'inizio e l'impostazione di un'azienda da parte del core team.

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Guardando solo le opportunità di avere successo sicuramente il posto migliore resta di gran lunga la Silicon Valley. Dato che però il successo non è automatico se vado in Silicon Valley entrano in gioco altri fattori, specialmente per chi arriva da fuori gli USA: in Silicon Valley devo costruirmi da zero un network e imparare come funzionano le dinamiche, che vuol dire tempo in più da spendere per avviare tutto; Costi come già citato; la famiglia (soprattutto per chi non è un founder ventenne :) ). Perciò, considerando tutti i fattori, l'opzione inizio dove sono e poi nel caso mi trasferisco, oggi che ci siamo abituati a gestire tutto da remoto, diventa sicuramente un'opzione competitiva.

Una considerazione sui dati, sarebbe bello distinguere il remote work dal distributed. Io per remote work intendo lavoro da casa dove però posso con facilità incontrarmi fisicamente all'occorrenza, diverso è un team distribuito a livello globale dove devo gestire anche la complicazione dei diversi fusi orari...

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Le aziende che hanno un'impostazione distribuita sono proprio organizzate diversamente dalle altre, in effetti. Io lo vedo da vicino perché l'azienda di mio marito lo è da anni (GitHub) e per ovviare a certi problemi in alcuni ruoli assumono solo su alcuni fusi per esempio. Poi c'è tutto un problema fiscale dietro: non è che un dipendente può lavorare da dove vuole, l'azienda deve organizzarsi per gestire un dipendente che vive - e viene pagato - in uno specifico Paese con uno specifico sistema fiscale (GitHub ha un elenco preciso di posti da cui si può lavorare).

Questo per dire che l'opzione remote/distribuita, quando viene implementata su un'azienda in crescita (non due co-founder agli inizi), non è per forza una soluzione "facile", ma ha anzi parecchi oneri lato azienda.

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