Come prendono le decisioni i VC - uno studio dell'Harvard Business Review
La ricerca si basa su oltre 900 interviste fatte alle più importanti VC firm americane: hanno aperto la black box e ci hanno guardato dentro.
Recentemente ho letto un interessantissimo articolo dell'Harvard Business Review intitolato How Venture Capitalists Make Decisions.
Ho pensato di crearne un estratto e una piccola sintesi in italiano, con qualche commento in base alla nostra esperienza in Lombardstreet Ventures.
Il mondo del VC è sempre abbastanza una black box. Mentre le aziende che vengono finanziate spesso sono sotto i riflettori, i VC e le dinamiche che li spingono, rimangono sempre un po' nell'ombra.
La ricerca di HBR1 si basa su oltre 900 interviste fatte alle più importanti VC firm americane: hanno aperto la black box e ci hanno guardato dentro.
Hanno analizzato come scovano i deal, come scelgono e strutturano gli investimenti, come gestiscono le società in portfolio dopo l'investimento, come gestiscono i loro rapporti con gli LPs (i Limited Partners, cioè i soggetti da cui provengono i soldi che i VC investono).
⭐Prima di iniziare una cosa a cui io tengo tantissimo.
Come spesso sottolineiamo, i risultati sono utili non solo per gli imprenditori che vogliono raccogliere fondi.
Questo articolo è anche per i team degli acceleratori che stanno formando la prossima generazione di fondatori e investitori; per le grandi aziende che vogliono investire in startup emulando il processo dei VC; per i politici e i tecnici che hanno l'arduo compito di costruire e sostenere ecosistemi dell'innovazione nei loro territori; per i professori e ricercatori che vogliono commercializzare le innovazioni sviluppate nei loro laboratori.
Trovare i deal più interessanti
Generating deal flow, vedere e incontrare tante startup che cercano investimenti, è uno dei lavori più impegnativi, ma strategici, per un VC.
Da dove viene, questo deal flow?
oltre il 30% viene da colleghi di lavori precedenti o da persone conosciute per lavoro,
20% viene da referral da altri investitori,
8% viene da referral da startup nel portfolio
10% da contatti diretti delle startup che cercano investimenti,
e infine un ulteriore 30% sono contatti che i VC attivamente ricercano e aprono in prima persona
Dalle parole di Rick Heitzmann of FirstMark:
“We believe that the best opportunities don’t always walk into our office. We identify and research megatrends and proactively reach out to those entrepreneurs who share a vision of where the world is going.”
Possiamo concludere che il 70% dei contatti arriva "in entrata" ai VC, mentre il 30% avviene "in uscita", attivamente sollecitato dai VC.
Posso confermare che questi numeri sono molto simili anche ai nostri e che i nostri investimenti avvengono principalmente in seguito a intro dal nostro network o da fonti di cui ci fidiamo che co-investono con noi (come altri investitori o acceleratori come YC).
Restringere il campo: una su cento
Anche per i founder che riescono a entrare in contatto con i VC (nei modi che abbiamo visto sopra) le possibilità di essere effettivamente finanziati sono piuttosto basse.
Secondo lo studio di HBR la ratio è circa 1 su 101: per ogni deal chiuso, ogni firm ha valutato, in media, 101 startup.
Vediamo il funnel nel dettaglio:
su 101 opportunità valutate
28 startup hanno incontrato i partner della VC firm,
10 sono state discusse dai partner in un meeting,
per 4.8 è stata fatta la due diligence,
a 1.7 è stato proposto un term sheet,
e alla fine solo 1 startup ha ricevuto l'investimento.
E anche qui i conti ci tornano: su 31 investimenti del primo veicolo di investimento di Lombardstreet Ventures (che trovate alla nostra pagina Portfolio con il filtro "Lombardstreet Ventures I") abbiamo incontrato quasi 3000 startup, in un lasso di tempo di poco più di 3 anni.
Tempi e modalità della due diligence
Un deal richiede in media:
83 giorni per essere chiuso,
118 ore di due diligence,
10 conversazioni con referenze.
Qui noi ci discostiamo moltissimo, ma direi qualunque early-stage VC firm di discosta. Ovviamente la ricerca di HBR fa una media tra tutti gli stage di investimento ed è chiaro che un investimento di decine di milioni per un round di Series D richiederà una due diligence molto più approfondita di un investimento in Pre-Seed da $100K. Questo non tanto per il valore del deal, ma per lo storico e i dati effettivamente disponibili su cui basare la propria due diligence. Spesso la due diligence in fase Pre-Seed e Seed è più breve semplicemente perché ci sono molte meno informazioni da analizzare (e la maggior parte sono sui background dei founder).
Per Lombardstreet Ventures la chiusura di un deal può richiedere da qualche settimana a poche ore (ho visto entrambi i casi).
Idem per la due diligence, che può andare da qualche ora a giorni e giorni di lavoro, analisi e discussione.
Fattori determinanti
Quali sono i fattori determinanti per convincere un VC a investire?
95% delle VC firm dichiara che i founder sono il primo fattore che valutano (e che, nel caso, li convince),
74% il business model,
68% la dimensione del mercato,
31% il settore in cui la startup opera,
come quinto dato viene citata la valutazione di una startup, ma HBR non riporta la %
Anche qui siamo in linea con l'analisi: noi investiamo principalmente sui founder. Sappiamo che sarà un viaggio lungo in cui serviranno tenacia, determinazione, equilibrio, pazienza, vision. L'idea sicuramente dev'essere interessante — ma forse non la metterei al secondo posto —, il mercato oltre $1B e il business model scalabile, ma sappiamo che in una grande percentuale di casi queste cose cambieranno. Tante startup early-stage fanno uno o più pivot durante la propria storia: l'unica costante è sempre e solo il team, che dev'essere quello vincente.
Citando Peter Thiel (che non mi sta simpaticissimo, ma rimane un gigante):
"We live and die by our founders."
Come valuta un VC il successo di un investimento
Tendenzialmente i VC non usano le tradizionali metriche di valutazione finanziaria per valutare un investimento.
La metrica più utilizzata è quella del cash-on-cash return o dei multipli del capitale investito: quanto capitale in più mi torna rispetto a quello che ho investito. Facile-facile.
La seconda metrica più utilizzata è l'IRR (internal rate of return) dei deal: quanto è salito il valore del portfolio (in base anche alla crescita delle valuation delle proprie startup) in un determinato periodo di tempo.
Sono comunque stime e ipotesi: i veri numeri possono essere calcolati solo al momento di un'exit.
Il 9% dei VC intervistati ha dichiarato di non utilizzare nessuna di queste metriche, mentre il 20% del totale degli intervistati e il 31% dei VC early-stage ha dichiarato di non fare proiezioni finanziarie delle startup quando effettuano un investimento.
Anche noi ci troviamo dentro questo gruppo: fare proiezioni finanziarie allo stage in cui investiamo noi sarebbe come giocare al fantacalcio.
Inoltre, siccome gli scenari di M&A o IPO sono estremamente variabili, i VC si concentrano principalmente sulla ricerca di società che hanno il potenziale per grandi exit piuttosto che sulla stima dei flussi di cassa a breve termine (poco significativi o realistici nel nostro campo/stage).
Term sheet: quali sono i term più importanti per un VC
Se avete mai visto un term sheet sapete che sono un susseguirsi di legalese abbastanza oscuro. Non è semplice districarsi tra i suoi dettagli e comprendere quali sono i punti più importanti.
La ricerca di HBR ha indagato quali sono i termini su cui i VC sono mediamente inflessibili (e su cui quindi ha poco senso negoziare):
Pro rata rights, la possibilità di investire al round successivo per non diluire la propria percentuale — “the biggest source of our returns is our ability to double down on our winners”
Liquidation preferences, la possibilità in caso di exit, di essere liquidati (di solito dell'1x dell'investimento) prima dei proprietari delle common stock (quelli che non sono investitori)
Anti-dilution rights, che permettono di limitare i danni in caso di svalutazione della startup. Questi non sono molto ben visti — anche noi non li troviamo molto fair — e possono essere spazzati via dai VC nei round successivi come condizione alle chiusura del deal.
Vesting per l'equity dei founder, dove i founder non ricevono tutte le quote che gli spettano al giorno 1, ma le maturano nel tempo (in modo da rimanere legati alla startup), il vesting standard è di 4 anni con un 1 year cliff (per tutto il primo anno i founder non ricevono niente, allo scoccare del 1° anno hanno accesso a 1/4 di shares e da lì in poi maturano i 3/4 successivi di mese in mese)
La valutazione della startup — ne abbiamo parlato qui: Quale valutazione dare alla propria startup
Una posizione rilevante nel board
I termini su cui c'è più spazio per la negoziazione sono invece l'option pool, i participation rights, l'ammontare dell'investimento, i redemption rights, e i dividends.
Per noi la situazione invece è diversa:
in più del 90% dei casi investiamo tramite SAFE, strumento molto più semplice che non richiede la negoziazione di tutti questi termini, ma li "eredita" dal priced round successivo
anche quando investiamo in priced round non facciamo da lead investor: non siamo mai noi quindi a proporre i termini, ma li ereditiamo dal lead investor del round che li negozia per tutti.
L'interazione con le portfolio company
Il supporto che una VC firm può dare alle proprie portfolio companies spesso è cruciale proprio nella scelta degli investitori.
Conoscere il portfolio di una firm, il suo network di contatti, gli altri investitori con cui solitamente co-investe, la storia e l'esperienza dei partner può fare la differenza nella scelta di un VC rispetto a un altro, soprattutto quando dovete scegliere un lead investor, per check piccoli sarei meno picky.
Il report di HBR analizza sia la frequenza dell'interazione con le portfolio company, che la tipologia di supporto offerto.
Per quanto riguarda l'interazione:
con circa un 60% delle portfolio companies il contatto avviene almeno una volta alla settimana
con il 28% avviene più di una volta alla settimana
La tipologia di supporto:
all'87% delle startup viene dato supporto strategico
al 72% contatti con altri investitori
al 69% contatti con possibili clienti
al 65% supporto nelle operation
al 58% supporto nella scelta di membri del board
al 46% supporto nelle assunzioni
Per quanto riguarda Lombardstreet non saprei dare delle percentuali così precise, ma sicuramente supportiamo le nostre startup in tutte le modalità citate nel report. Una cosa che non emerge dal report, ma che secondo me è rilevante, è che non tutte le startup hanno bisogno di supporto nella stessa misura (le percentuali sopra sono un po' come i polli di Trilussa): alcune necessitano di tanto supporto in tutti i campi, altre le sentiamo una volta al mese per gli update periodici ma vanno come un treno da sole.
Ho deciso di riportare qui sul Dojo alcuni highlights di questo report perché penso che sia una fotografia molto utile del funzionamento di una VC firm.
Sono tutte cose che noi vediamo in prima persona, e spesso diamo per scontato, ma ci rendiamo conto che non lo sono per niente, ed è anzi importante parlarne dando più possibile accesso alle logiche e ai funzionamenti di un fondo.
Se vi viene in mente qualcuno che può beneficiare di quest’analisi mandategli questo post 😎👇 (e se proprio non c’è nessuno nel vostro network di interessato a questi temi… forse è ora di allargare il network 😉)
Nota: l'articolo è pubblicato nell'HBR di marzo/aprile 2021, ma la ricerca è stata fatta tra il 2015 e il 2016. I dati comunque non sono particolarmente time sensitive e analizzano un processo, quindi la ricerca non risulta "datata".
Grazie Irene, molto interessante e utile come tutti i tuoi articoli. Una cosa menzionata di sfuggita mi pare valga la pena approfondire perché ha il peso di un elegante: il 40% dei deal arrivati al term sheet non va in porto. Come mai secondo voi? Caspita mi sembra una fetta molto alta arrivati a quel punto...