Silicon Valley Dojo
Silicon Valley Dojo
Fundraising, YC, e dual company Ita-USA con Armando Biondi, CEO di Breadcrumbs
3
0:00
-31:45

Fundraising, YC, e dual company Ita-USA con Armando Biondi, CEO di Breadcrumbs

Armando è uno dei pochi founder che - con AdEspresso prima, e con Breadcrumbs ora - sta costruendo dual company di successo tra Italia e USA.
3

Armando ormai in Italia non ha più bisogno di presentazioni, ma ne scriviamo giusto qualche riga per chi negli ultimi anni era su Saturno 🤓🪐

3x founder (Pick1, AdEspresso, e ora Breadcrumbs), italiano a San Francisco da 10 anni (da quando aveva 33 anni), exit di AdEspresso a Hootsuite nel 2016, con le startup precedenti ha fatto 500 Startups, con questa è appena uscito da Y Combinator. Le ultime due, entrambe dual companies tra Silicon Valley e Italia, le ha co-fondate insieme a Massimo Chieruzzi, che dirige il team italiano.

Breadcrumbs è nel portfolio di Lombardstreet Ventures dall’inizio del 2021.

Io e Armando ci siamo conosciuti a San Francisco dieci anni fa.
In questa chiacchierata abbiamo ripercorso tutta la sua storia, da allora fino ad oggi: i primi anni a San Francisco, le diverse startup, l’exit e come gli ha cambiato la vita, l’esperienza in YC, fino al suo punto di vista da angel investor sul panorama odierno degli investimenti.

È stata, come sempre con Armando, una chiacchierata illuminante.

Qui sotto il video della chiacchierata (31 minuti in italiano) e testo (per chi preferisce leggere). All’inizio del post invece trovate il file audio per gli appassionati dei podcast.
(Poi un giorno ci piacerebbe capire meglio le percentuali di chi guarda/legge/ascolta - ci sembra che la maggioranza legga - e che medium preferite!)


Armando: “Quake da una parte, Toy Story dall’altra!”

Massimo: “Ho una libreria variopinta! Il numero di Byte - che tu non sai neanche cos'è perché sei troppo giovane - con in copertina Marc Andreessen, nel ‘94!”

Armando: “Un giovanissimo Marc Andreessen!”

Massimo: “Sì sì, aveva ancora i capelli, qualcuno ne aveva! Dove ti trovi?

Armando: “Sono rientrato a San Francisco ieri sera, sto qui le ultime due settimane, poi mi sposto a New York in pianta stabile: dopo 10 anni a San Francisco ho deciso di fare il grande salto e andare.”

Massimo: “Caspita! Ardita, veramente ardita! Noi ci conosciamo da un sacco di tempo, più di 10 anni mi sa. 2010, anche prima forse.”

Armando: “Secondo me sì, almeno 2012 direi!”

Massimo: “Ho un sacco di domande da farti, per cui non so dove arriverò.”

Armando: “Andiamo a bomba!”

Massimo: “Allora: presentati in 5 secondi, nome, età, che cosa fai.”

Armando: “Mi chiamo Armando Biondi, ho 43 anni, sono sia un operatore, sto facendo adesso la mia terza startup, che un angel investor, ho investito in 200+ a questo punto.”

Massimo: “Ok! Come sei arrivato a San Francisco?

Armando: “Ah, ho voluto esserci! Quindi mi sono fatto un passaggio a Barcellona di un anno, giusto per mettere il piede nell'acqua, uscire dall'Italia, e vedere un attimo il mondo fuori dai confini nostrani. E poi c'era comunque questa ambizione di provare a vedere se questa cosa del mondo tecnologico poteva essere interessante per quanto mi riguarda.
Sono un po’ un overachiever, per cui sono dell'idea che se vuoi giocare dove giocano i numeri 1 devi buttarti e andare dove i numeri 1 giocano, e giocare secondo le loro regole. Questo ovviamente all'epoca era San Francisco.”

Massimo: “E quanti anni avevi all’epoca?

Armando: “Mi son trasferito in pianta stabile qua nel 2012, per cui dieci anni fa, avevo 33 anni.”

Massimo: “Quindi la prima volta che hai messo piede per business a San Francisco è stata nel 2012?”

Armando: “Un po’ prima, in realtà avevo cominciato nel 2009-2010 con Pick1, che ti ricorderai, la prima startup, anche se all'epoca facevo ancora un po’ su e giù, stavo per periodi.”

Massimo: “Sì, avevi ancora un visto ballerino, per cui andavi avanti e indietro, come tutti! Partiamo dalla tua storia inizale. Io dico sempre che arrivare a San Francisco è facile, perché basta che prendi un aereo, spendi 800€, il problema è come starci in pianta stabile. Quindi, quanto è stato difficile per te arrivare a quel momento, al momento in cui ti sei detto “abito a San Francisco”?”

Armando: “Per me sta cosa è cominciata per davvero con la seconda company, che era AdEspresso, con Massimo Chieruzzi.
Fondamentalmente anche lì: è una decisione da una parte, dall'altra ci sono una serie di temi complessi su cui ovviamente hai accennato sono il visto, ma anche il costo della vita.”

Massimo: “Ma lo struggle? Cioè, voglio dire, prima di arrivare a quel punto lì, non è facile, devi veramente sudare sette camicie. Non è una questione tanto economica, che costa sì, però riuscire a starci è un achievement non banale. Soffri, tutti soffrono prima di arrivarci!”

Armando: “Vero! Per me il tema era la cosa che dicevo un pochettino prima cioè: per esserci, devi esserci. Questa è una delle cose su cui tra l'altro vedo ancora molti italiani che fanno un pochettino fatica a capirla sta roba qua. I business tourists della situazione, che vengono qua per due settimane a trimestre e pensano che sia sufficiente a fare fundraising, a entrare nell’ecosistema, a conoscere le persone che devono conoscere. La realtà è che se c'è una roba che è caratteristica di San Francisco, che è stata la caratteristica di San Francisco finora, è proprio il tessuto connettivo, il modo in cui il network succede e si costruisce facendone parte giorno dopo giorno. Va giù al coffee shop, incontri quello che non vedi da tre mesi, scopri che ha aperto una company nuova e magari ci investi sopra! Vai all'evento happy hour di Salesforce, o Greylock, incontri tizio, caio e sempronio che sono nuovi, e poi anche invece quell'altro che non vedi da due anni, e scopri che sta facendo qualcosa di nuovo e magari investe lui della tua company. Sono cose così!”

Massimo: “Sì, è veramente la serendipity!”

Armando: “È una città che è fortemente orientata la tecnologia da una parte, dall'altra è fortemente concentrata, per cui tu hai in 10 isolati tutto.”

Massimo: “Eh sì, anche meno, perché poi ci sono alcuni isolati che in realtà sono prettamente residenziali, e non c’è veramente niente. Quindi, cosa ti ha attirato di San Francisco della Bay Area? Sai, uno può avere il sogno fin da bambino, ma non sempre è così, anzi molto raramente è così.”

Armando: “Vero, a me personalmente ha attirato l'ambizione delle persone che vivono a San Francisco, del mondo della tecnologia a San Francisco, e quella capacità di pensare in una scala che è veramente unica di San Francisco. Trovi gente che si è costruita un'esperienza in quell'ordine di grandezza. Cioè persone e companies che toccano milioni, decine di milioni, centinaia di milioni, miliardi di persone e che riescono a costruire business in quell'ordine di grandezza è veramente, o meglio era veramente unico di San Francisco, adesso forse ci sono un altro po di Tier 1 o Tier 2 hubs che si sono costruiti. New York da un certo punto di vista inizia ad avere un ecosistema anche molto forte, in Europa cominciano ad esserci segni di companies da billion dollars.”

Massimo: “Sì, le cose avvengono un pochino ovunque, anche se io dico sempre che ricostruire quello che è successo in ottant'anni di storia è difficile. Però sicuramente in questo periodo - anche perché c'è un'abbondanza di capitale mostruoso in giro - le cose stanno avvenendo molto molto velocemente. Partiamo con un po’ di ordine: il tuo primo achievement importante è stato sicuramente l'azienda che hai fondato con Massimo Chieruzzi che AdEspresso. Questa è nel 2013, se non ricordo male?”

Armando: “Sì, fondata a settembre 2013, venduta a dicembre 2016.” 

Massimo: “Dacci una breve storia di questa azienda, com’è iniziata?”

Armando: “Molto semplicemente l'idea era Facebook advertising optimization per small and medium business e small medium enterprises. Ai tempi Facebook era ancora una giovane company upcoming che se la stava giocando contro Google, fondamentalmente AdEspresso era il layer di split testing “on top of Facebook” quando ancora Facebook non ce l'aveva. Siamo partiti da zero e siamo arrivati ad avere 50 dipendenti, abbiamo fatto intorno ai 6 milioni di fatturato, se non ricordo male, in tre anni, e abbiamo processato sulla piattaforma intorno al miliardo di dollari di Facebook Advertising budget, cosa che ha reso AdEspresso una dei top 5 partners globali per volumi di Facebook e il numero uno per numero di advertiser, perché tutti gli altri erano focalizzati su un piccolo numero di grandi advertiser, mentre AdEspresso era focalizzata su un grande numero di piccoli advertisers.”

Massimo: “Sì, eravate molto targetizzati come azienda: marketing only, facevate quello, lo facevate bene.”

Armando: “C’era Facebook Ads Manager come user mondiale e poi c’era AdEspresso, che mi faceva molto ridere come cosa!”

Massimo: “Sai, si parla tanto di Italia-Stati Uniti, noi cerchiamo di raccontare in lungo e in largo questa cosa. Però, se io mi fermo e mi chiedo chi ha fatto un'azienda tra Italia e Stati Uniti, tu sei l'unico caso mi viene in mente. Perché poi ce ne sono stati altri, però sono un po’ scemati del tempo, e soprattutto non hanno avuto un inizio e un’exit: da una startup alla fine un po’ questa cosa te l'aspetti, se no è una ordinary company - che va benissimo, però è un'altra cosa -  quindi può rimanere nel business per 30 anni, ma non è quello che abbiamo in testa noi. Quindi: come si fa, quali sono le sfide per creare un'azienda che ha il 90% delle operation in Italia e due persone a San Francisco?

Armando: “Ci sarà stato forse il 75% delle persone in Italia e il 15% a San Francisco. È un modello che mi piace molto, e che trovo replicato anche da altri imprenditori non americani, cioè di avere business, marketing, sales e operations negli Stati Uniti, poi engineering, design, support fuori dagli Stati Uniti. Per cui trovi l'imprenditore brasiliano che fa questa cosa con il Brasile, trovi l'imprenditore tedesco che fare questa cosa con la Germania, trovi quello spagnolo che fa questa cosa con la Spagna. Noi abbiamo fatto con l’Italia.”

Massimo: “Sì, ma qual è la difficoltà nel mandare avanti una cosa di questo genere?” 

Armando: “Come in tutte le cose ci sono upside e downside, ci sono dei fare “trade offs”. Per cui: l'upside è che sei il pesce grande in uno “small pond”, per cui hai accesso a tutte risorse molto qualificate, che esistono e che paghi la metà, se non un terzo, di quello che pagheresti negli Stati Uniti e che sono anche fedeli alla company, negli Stati Uniti c’è un turnover molto più alto. Dall'altra parte hai come trade off negativo hai:

  • Time zones: che devi essere in grado di gestire efficacemente, perché hai una parte del team che non sta nella time zone principale, 

  • Distributed remote workforce: devi mettere in piedi tutta una serie di meccaniche di creazione e mantenimento della cultura interna aziendale che sono diverse, che sono “remote e distributed first” VS “essere nello stesso ufficio”. Adesso questa cosa è molto meno controversa, adesso più o meno tutte le company hanno un elemento distribuito, ma cinque-dieci anni fa era comunque differenziante da quel punto di vista

Un'altra delle cose che vedo funziona molto bene è avere un founder di qua e un founder di là: per cui, ad esempio, io sono negli Stati Uniti, tra San Francisco e New York ultimamente, e Massimo sta in Italia.”

Massimo: “Con AdEspresso era molto meno così, eravate molto più voi due a San Francisco, vero?”

Armando: “Eravamo più spostati a San Francisco come leadership e poi avevamo delle meccaniche per cui andavamo spessissimo in Italia, almeno una volta a quarter, e poi facevamo venire il team a rotazione negli Stati Uniti, a San Francisco.”

Massimo: “Ricordo, ricordo! La domanda che mi sto ponendo è: andate bene, $6M di fatturato, $1B di transato per Facebook in advertising, perché avete venduto?”

Armando: “Perché è sempre opportunity-cost VS risk/work/time- adjusted return.”

Massimo: “Certo! Ma 300 è meglio di 30 che è meglio di 3!”

Armando: “Sì, però avevamo una serie di elementi:

  1. Avevamo un'ottima offerta sul tavolo, che era quella di Hootsuite a cui poi effettivamente abbiamo finito per vendere,

  2. (Questa in realtà non la sanno in tanti) Avevamo anche un termsheet da un fondo per 5 milioni in mano, quindi avevamo questa decisione da prendere: vogliamo vendere, vogliamo prendere questo termsheet, non vogliamo fare niente?

  3. Avevamo anche un terzo candidato per l’M&A, che però era by far molto meno interessante

Il tema è che tu hai da una parte 2 term sheet da M&A +  1 da VC e hai un'azienda che cresce tra il 3-4x anno su anno, era anche profitable! Che è un po’ una narrative violation, molti fondi ti diranno che puoi avere l’una o l’altra cosa, e questo non è assolutamente vero.
Dall’altra parte avevamo un existential risk su Facebook, perché eravamo molto focalizzati su Facebook, era questo collo di bottiglia rischiosissimo, che se a un certo punto decide “oh, figa questa cosa dello split testing, questi di AdEspresso l’hanno fatta veramente bene, aspetta un attimo che copiamo!” 
E c’era anche un tema di sales: all’epoca stavamo crescendo benissimo con un modello self-serve basato su contenuto, sapevamo anche che a un certo punto questa cosa qua avrebbe iniziato a rallentare, per cui avremmo dovuto cominciare a costruire una sales force e andare a market, cose su cui non eravamo particolarmente entusiasti, non eravamo particolarmente bravi, e sapevamo che sarebbe stato un investimento massiccio di capitale.
Dall'altra parte se ci metti rischio esistenziale e l'opportunità di avere un’M&A a un multiplo veramente interessante, alla fine si è spostato l’ago della bilancia.”

Massimo: “Insomma vi hanno fatto un'offerta che avete deciso di non rifiutare, e sicuramente è una tacca sul fucile importante, e da lì si può ripartire, si può stare per un po’, si può decidere di fare quello che si vuole. Ma dopo questo passo la tua vita come è cambiata?

Armando: “Da un certo punto di vista è cambiata fondamentalmente, da un altro punto di vista non è cambiata per niente. È cambiata fondamentalmente nel senso che da quel momento in poi i soldi non sono più un tema, puoi fare quello che vuoi, quando vuoi, dove vuoi, puoi essere dove vuoi, puoi non lavorare mai più se vuoi, e quindi ti mette in una prospettiva fondamentalmente diversa come allochi e investi il tuo tempo e la tua attenzione. Il tuo orizzonte temporale di riferimento non è più il “devo arrivare al next paycheck perché se no non ho i soldi per pagare l'affitto” o “devo arrivare alla fine dell'anno per pagare il mutuo”, quelle robe lì non esistono più, che è una posizione estremamente privilegiata da avere.
Dall’altro punto di vista ti fa un po’ un reality check su quelle che sono le cose che ti interessano veramente, e quindi se vuoi ti mette ancora più a focus questa idea del ”cosa vuoi fare con il resto della tua vita? come vuoi investire il resto del tuo tempo? come vuoi mettere a frutto o reinvestire tutta una serie di expertise e di conoscenze che hai messo a terra fino a quel punto?”. Quindi insomma sostanzialmente sono qui a giocare al gioco delle startup”

Massimo: “Quindi da un lato ti sei rilassato per quelle che sono le necessità di base, però poi star fermi è molto difficile perché hai ancora un sacco di energia e voglia di fare, e qualcosa bisogna fare nella vita sempre secondo me, anche a 90 anni, perché sennò non funzioniamo.”

Armando: “Praticamente ha allungato il mio orizzonte temporale, cioè la cosa pratica che è successa è che ho smesso di pensare alla prossima settimana o al prossimo mese o ai prossimi tre mesi, e ho cominciato a pensare a che cosa voglio fare nei prossimi tre/cinque/dieci/quindici anni della mia vita. Passi dal right now al what’s the legacy or the big ambition here? e puoi fare focus su quella roba lì.”

Massimo: “Certo! Sono tutte bellissime esperienze, ma in tutto il tempo che hai trascorso a San Francisco non hai mai avuto un momento in cui hai pensato di non farcela, di essere costretto a riprendere l’aereo e di dover tornare in Italia?”

Armando: “Tutti i giorni per i primi tre anni!

Massimo: “È un peso forte questo, no? Più dell’avere i soldi per l'affitto a volte, perché stai mettendo la tua vita sul piatto e non sai se ci riuscirai. Quindi è stata una cosa che ti è successa spesso. A questo punto parliamo della della nuova azienda: come nasce Breadcrumbs e di cosa vi occupate?”

Armando: “Breadcrumbs nasce dall'esperienza Hootsuite. Dopo che abbiamo venduto AdEspresso a Hootsuite, siamo stati parte di Hootsuite come senior leadership per tre anni, come parte del retention package. Ovviamente dentro a Hootsuite stavo pensando what's next for me, sapevo che il retention package non è destinato a durare. Sapevo che era un’esperienza interessante, molto formativa, ma anche dolorosa e difficile, perché il motivo per cui gli imprenditori fanno le startup è che decidono fondamentalmente tutto loro, sono l’ultima decision line in praticamente tutto, e quando tu invece fai parte di una company più grande non lo sei più, riporti a qualcuno. E comunque hai venduto, e comunque sei multimillionaire a quel punto, però comunque hai qualcuno a cui devi riportare!”

Massimo: “Sì, anzi, è ancora più pesante, perché spesso e volentieri è qualcuno che ne sa meno di te, ma che decide.”

Armando: “Esatto! Devi spiegargli, devi essere paziente, anche se ovviamente il tempo è la cosa più importante e più preziosa che hai. E quindi sapevo che non sarebbe durata, e mi stavo chiedendo che cosa cosa fare dopo. La cosa più interessante che Hootsuite stava facendo dell'epoca era questo flywheel engine interno su cui hanno investito sei mesi e una mezza milionata di dollari…”

Massimo: “Cos'è questo flywheel engine?”

Armando: “È un modo programmatico per identificare upsell and expansion revenue opportunities nella loro self-serve customer base.”

Massimo: “Devi dirmelo in modo più semplice, molto, come se fossi un bambino di tre anni.

Armando: “Mettere insieme una serie di dati che sono su repositories diversi per far emergere quelle che sono le opportunità giuste al momento giusto, per le vendite. A chi andare a vendere, quanto e che cosa, in maniera programmatica, per cui usando i dati che hai. Che è un problema complessissimo in realtà, perché tu hai tutti questi dati diversi, su repositories diversi, che non si parlano tra di loro, hanno architetture e nomenclature diverse. E poi c'è un tema di complessità dei dati, freschezza, data enrichment, eccetera… Ci hanno investito 6 mesi e mezzo milione per fare la prima iterazione, ed è stata anche una roba di grossissimo successo all'interno di Hootsuite perché ha generato - senza entrare troppo nello specifico perché è ancora una company privata - diversi diversi milioni di dollari di upsell revenue value nel primo anno di implementazione. 
E più ho cominciato a guardare a sta roba anche come angel investor su company diverse su cui volevo investire, e più mi sono reso conto che questo è un problema fondamentalmente per il 100% delle companies post product market fit, che hanno un tema di vendite con persone, semi-automatizzato.

Massimo: “E l'hai trovata sul mercato? 🤓”

Armando: “Eh no! E quindi l’ho fondata io! Siamo ritornati io e Massimo per questa cosa qua, abbiamo preso onboard la terza persona che era quello che aveva costruito sta roba qua dentro Hootsuite, Gary. Che tra l’altro, cosa divertente, dopo Hootsuite, in Chargify era finito a fare la stessa identica roba di nuovo, dopo Chargify stava andando a Freshbooks per rifarla di nuovo, al ché gli ho detto “ma smetti di farla come processo, facciamola come prodotto!” 

Massimo: “A questo punto tu sei sicuramente un esperto di revenue optimisation, in qualche modo questa cosa ti frulla nella testa da sempre. Quindi nel momento in cui si parte per mettere in piedi una startup da zero, da dove si parte? Che ruolo hanno le revenue nell'equazione? Cioè è sempre il problema dell’uovo e della gallina, no?”

Armando: “Questo è il mio constant struggle di questi giorni! Da una parte vorresti avere revenue dal primo giorno, dall'altra una delle cose fondamentali che ho imparato nel mio percorso so far e che devo continuamente reimparare, è che certe cose non le puoi accelerare. Faccio l'esempio della piantina, che le dai troppa acqua annega, se la metti troppo al sole si brucia, e le devi dare la giusta quantità di acqua, e la giusta quantità di sole, e crescerà questo albero meraviglioso! E però ci vogliono 15 anni! È un tema di equilibrio sugli ingredienti, sul validare le cose giuste al momento giusto, e cercare anche le cose giuste al momento giusto, e poi iterare continuamente lo stesso processo per 3/5/7/10 anni se la cosa funziona.”

Massimo: “Ok! Quindi insomma, dipende un po’ da caso a caso, però per come la vedo io, se tu vai su un mercato di aziende medie, le revenue possono arrivare più velocemente e crescere anche più velocemente, se vai su aziende più grandi hai cicli sicuramente più lunghi. Spesso devi lavorare comunque in entrambi i casi moltissimo sulla creazione di una community di persone che ti sta attorno, e forse la prima cosa che fai quando inizi a scrivere la prima riga di codice, inizi a lavorare sulla community. Dopo di che, bisogna spingere sicuramente. Le revenue oggi sono una cosa molto molto importante per tutti, un pochino ovunque, quindi non è che ci sono scorciatoie.
Volevo farti un altro paio di domande molto veloci. La prima è: tu con questa azienda hai partecipato recentemente al batch di Y Combinator, il batch S21 che è quello di quest'estate. È oneroso partecipare a questo batch, è un'opportunità enorme, però è oneroso perché questi signori si prendono il 7% della tua azienda ad una valutazione che è sotto i 2 milioni, cioè non è proprio regalata! Perché hai deciso di applicare e come vi ha aiutato questa cosa?

Armando: “Decisione molto sofferta, esattamente per i motivi di cui parli, perché il 7% è un botto di equity da dare a un acceleratore, particolarmente per un imprenditore e un team di founder che non sono più di primo pelo.

I motivi per cui abbiamo deciso di accettare sono tre:

  1. Network: far parte del network di YC è forse la cosa più esclusiva che tu puoi avere nel mondo startup. Non c’è una cosa più figa ed è per sempre.

  2. Sales: ogni late stage YC company è fondamentalmente un potenziale cutomer per noi, un potenziale cliente, quindi essere parte del network e attaccare sta roba qua dall'interno ha valore.

  3. Fundraising e valutazione: essere parte di YC e presentare al demo day ti mette in una posizione di leverage assoluta nei confronti degli investitori.

Per cui il trade off che fai accettando YC è che stai dando più equity a loro e ne dai meno agli investitori successivi.
Da un certo punto di vista si compensa, che è il motivo poi per cui - non l’abbiamo ancora annunciato - ma fondamentalmente abbiamo fatto un top up da un paio di milioni al round Seed che abbiamo annunciato all'inizio di maggio. Perché ovviamente ti dà leverage.”

Massimo: “Lo rifaresti?”

Armando: “Lo rifarei, sì!”

Massimo: “Questo ci introduce anche l'ultima domanda, che è il tema proprio delle valuation, perché quest'anno, soprattutto nel terzo trimestre, c'è stata un'esplosione delle valuation. Noi che lo seguiamo come investitori a marzo eravamo schiariti, a settembre siamo rimasti totalmente basiti! Perché trovavi cose che 6 mesi prima trovavi a 10-12milioni post, che erano schizzate tranquillamente a 20-25. Come la giudichi sta cosa? Perché è una cosa interessante, è una grande opportunità, ma anche un rischio enorme.”

Armando: “Mi rimetto il cappello da angel investor per sta roba qua. Come founder ovviamente ne sei contento e vuoi massimizzarla. 
Questa cosa è funzione di una serie di elementi:

  1. La disponibilità di capitale, che menzionavi anche tu, che è la maggiore, è il più commodity che sia mai stato. E questo in tutti i mercati: particolarmente in Silicon Valley, ma in tutti gli Stati Uniti, in Europa, in Asia, dovunque.

  2. Le valutazioni pubbliche, che si sono alzate progressivamente, adesso stanno tra il 15x e il 20x per le SaaS companies pubbliche, quindi questo è un elemento che ovviamente diventa interessante, perché poi quando queste company pubbliche vanno ad acquisire company private, ovviamente si alza anche il multiplo dell’acquisizione perché quello è il multiplo a cui vengono “tradate”,

  3. Un maggiore potenziale di crescita, se tu pensi e cinque/dieci anni fa era già una roba figa e ultra rara diventare billion dollar company, oggi ci sono quasi mille $1B+ companies. Se tu guardi alle companies di successo non si quotano più a $1B+, si quotano sopra i $10B, per cui hai un ulteriore ordine di grandezza che si è materializzato come potenziale upside. 

Questo ovviamente unito alla disponibilità di capitale, unito anche ai maggiori tassi di crescita che si siano mai visti - perché le company crescono più velocemente che mai - porta anche a un innalzamento delle valutazioni degli early stage round.
Non è divertente come investitore, ma questo è il gioco che dobbiamo giocare.

Massimo: “Ma va bene. Ovviamente chi è nel gioco, sta al gioco, quindi quando c'è la puntata si decide se puntare o non puntare. Noi quest'anno abbiamo fatto 17 investimenti, è l'anno che abbiamo investito di più in assoluto, eppure è un anno molto caro, però abbiamo trovato un sacco di roba in giro. 
Il tema è anche questo: una startup che varrebbe, già ipervalutata, 20-25 milioni che raccoglie a una valutazione di $45M-$50M, si porta anche a casa un rischio molto grosso, che è quello che tutti conosciamo, che poi quelle promesse devi mantenerle. Perché hai una mozzarellona di Battipaglia in mano che ha 24 mesi alla scadenza, non è che gli investitori poi che ti hanno dato quei soldi sono felici se te li tieni 48, quindi hai 18-24 mesi e quella cosa lì devi moltiplicarla, almeno fare un 2x sulla valutazione precedente, o quasi. Quindi passare da $40M a $80M è importante, fare un Series A da $80M oggi è la norma.”

Armando: “Parlando sempre da angel investor, mi interessa di meno il fatto che tu raccolga un Series A in quel timeframe che dici tu, mi interessa di più se tu hai il potenziale per essere quel 100x.
Se 5/10 anni fa investivi a $10M per fare $1B, 100x, oggi investi a $25M per fare almeno $2.5B, se non $5B, se non $10B.”

Massimo: “Sì, però vuol dire che le aziende in quel timeframe devono crescere molto di più, quindi comunque se prima crescevo del 2.5x adesso mi aspetto di fare 4.3x, però vuol dire che l'asticella si alza sempre di più.”

Armando: “Non so se sono d’accordo con questa aspettativa dei multipli…”

Massimo: “Allora, tutta questa questa abbondanza di capitale, che è vero, ce n’è, secondo me c'è almeno tre volte il capitale che avevamo 18 mesi fa, c'è una quantità enorme (e poi c'è anche, lasciami dire, c'è tanta entropia, perché c’è la qualunque che investe). Se uno volesse partire da $10M di valutazione e arrivare a $100M lo trova sempre qualcuno, almeno all’interno di YC, li trovi, vai a vanti, esci a quasi $1B. È un gioco questa cosa, però è pericolosissimo perché devi mantenere quelle promesse, un Series A, o un Series B, hanno delle metriche.”

Armando: “Il Series A di oggi è il Series B di ieri, e via via…”

Massimo: “Cioè non basta più $1M di revenue per fare su Series A oggi.” 

Armando: “Sì, il Seed di oggi è il Series A di 5 anni fa, il Series A di oggi è il Series B di 5 anni fa…”

Massimo: “Esatto! Cioè devi arrivarci con N milioni di revenue, oggi arrivi al Seed e fai un buon Seed quando hai una milionata di revenue o ci stai per arrivare, ne ho visti tantissimi, proprio tanti tanti tanti. Quindi questa cosa per me è anche pericolosa, nel senso che o riesci a reggere questo ritmo, o raccogliere per raccogliere bisogna stare molto attenti. Cioè a un certo punto uno dovrebbe dirsi “Ok, secondo me nei prossimi 24 mesi riesco a crescere così, più di questa valutazione non mi fa bene”, lo dico da investitore, ma anche se fossi un founder farei certi ragionamenti.”

Armando: “Sai, alla fine è un mercato, per cui dipende da tutta una serie di elementi, se c'è qualcuno disposto a pagare quella valutazione…”

Massimo: “Sì, vero, un giro di giostra lo puoi fare, però attenzione che è un giro…”

Armando: “Forse due!”

Massimo: “ Lo puoi fare finché questo trend di mercato regge, ma supponi che fra tre anni non sia più così, perché adesso questo trend di mercato è anche stato spinto moltissimo, secondo me, da questo fatto che siamo usciti dai Covid spinti dalle aziende tecnologiche. Tanti problemi banali sono diventati meno pressanti perché tanta tecnologia - dai vaccini a mRNA a Zoom -  ci hanno un po’ alleviato la vita, non c'è stato un tracollo, anzi!”

Armando: “Io su questo non so se sono d'accordissimo, per me è più funzione di una serie di macro trend che esistono da cinque anni a questa parte, e sono qui per restare, legati al costo per cominciare qualcosa che e il più basso che mai, e all'efficienza dei canali di acquisizione che è la maggiore di sempre.
Per cui ti serve anche meno capitale per partire, e puoi fare più strada con quel meno capitale che hai raccolto.
Ci sono anche tante più company che partono rispetto a 5/10 anni fa, perché la barriera all’ingresso è molto più bassa, però poi per fare quel gradino per arrivare al milione di fatturato comunque è complicato. Però c’è anche un numero maggiore di 5/10 anni fa di companies che ci arrivano.”

Massimo: “C’è tutto, c'è una crescita che spinge un pochino tutto, ma secondo me un po’ di effetto Covid positivo in questo senso c’è, e prima o poi un pochino lo andremo a scontare.”

Armando: “Il Covid ha sparigliato le carte in tavola, ha ucciso dei mercati per un anno e mezzo, ne ha massimizzati altri. Se tu guardi Zoom, se tu guardi Doordash, alcune company non sarebbero mai esistite se non fosse per i lockdown governativi che sono stati imposti a destra e a sinistra.”

Massimo: “Anzi, ne sono nate come funghi altre che non avrebbero avuto motivo di esistere!”

Armando: “Hopin è un'altra che ha raccolto un sacco di capitale, è arrivata $10B+ in un anno, quando mai sarebbe successa quella cosa, se non perché tutti erano gli arresti domiciliari?”

Massimo: “Oltre a questo c'è da contare che tanti VC durante il periodo marzo 2020-marzo 2021, non erano mica strutturati per andare a fare remote due diligence delle aziende, quindi hanno semplicemente messo capitale nell'aziende a portfolio, e ne hanno messo tanto, le han tenute a galla anche quando non andavano benissimo.”

Armando: “Questa è un’altra cosa interessante: statisticamente se tu guardi Series A e post il numero di deal non è aumentato, è aumentato il valore medio capitale allocato nel deal.”

Massimo: “Certo, vuol dire che fai un derisk, che non sei pronto per fare due diligence fresche fresche early stage, quindi sull’early stage in realtà c'è stato un decremento del numero degli investimenti, dopodiché i VC grossi ci hanno messo nove mesi a mandare il primo tweet in cui dicevano: oh, abbiamo fatto la due diligence completamente remota!” 

Armando: “Sì sì, alcuni un po’ di meno, ci sono stati tre mesi di pausa assoluta a San Francisco e poi la gente ha cominciato a dire “Ok, qua bisogna cambiare un po’ le cose se vogliamo continuare a macinare” e quindi han cominciato a fare remote meetings, remote due diligence, remote investments. Già intorno a settembre dell'anno scorso sta cosa qua a San Francisco si vedeva.”

Massimo: “Per noi tra parentesi, che lavoravamo sempre come Lombardstreet Ventures da remoto, siamo nati da remoto, il miglior periodo per l'investimento per noi è stato marzo 2020, abbiamo beccato valutazioni del 15-20% in meno, ne abbiamo chiuse un sacco, perché per noi era normale, era facile.
Armando, grazie mille per questa cosa!

Armando: “Alla prossima!”

3 Commenti
Silicon Valley Dojo
Silicon Valley Dojo
Raccontiamo la Silicon Valley, i suoi investimenti, la sua cultura e i suoi founder all’ecosistema dell’innovazione italiano. Lo facciamo dall'interno: il Dojo è scritto dal team di Lombardstreet Ventures, una Venture Capital firm di Menlo Park.