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Il punto di vista di un fondo VC con Corinne Riley, investor italiana a Greylock
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Il punto di vista di un fondo VC con Corinne Riley, investor italiana a Greylock

Chi sono gli italiani che si occupano di investimenti negli Stati Uniti? Conosciamoli in una serie di interviste.

Chi sono gli italiani che si occupano di investimenti negli Stati Uniti? Non ce ne sono tanti, ma ci piacerebbe presentarvi quelli che conosciamo noi in una serie di interviste.

Iniziamo con Corinne, investor a Greylock Partners.

È nata a Viareggio, dove ha vissuto la maggior parte della sua vita, madrelingua americana (da parte di mamma). Ha studiato in Inghilterra e poi negli USA, all’Università di Chicago.
Si è poi spostata in Bay Area: prima a lavorare per Morgan Stanley su IPO deal come Uber, Zoom e Palantir, e poi nel Seed stage investment team di Greylock, uno dei fondi di VC più rilevanti e storici della Silicon Valley.

Corinne Marie Riley ci racconta la sua storia, il suo lavoro, la sua visione dell’Italia e dei suoi founder.

Come anche per le interviste precedenti trovate video, audio o testo.

L’intervista è tutta in italiano e dura mezz’oretta, la trovate qui sotto.
Subito dopo c’è la trascrizione dell’intervista.
All’inizio dell’articolo invece avete il player della traccia audio.

Buon ascolto, visione o lettura! 😎


Irene: “Ciao Corinne! Intanto grazie mille per la sua disponibilità, inizierei andando subito al sodo: per introdurre questa chiacchierata ci puoi raccontare chi sei e di cosa ti occupi?”

Corinne: “Certo! Io mi chiamo Corinne, sono una investitrice in una ditta che si chiama Greylock. Siamo basati qui a San Francisco e facciamo investimenti in startup nei loro primi passi, principalmente in Seed e Series A. Facciamo anche alcuni investimenti più grandi in Growth companies, però per la maggior parte ci piace fare partnership con le startup più piccole. Abbiamo un fondo di 1 miliardo di dollari e facciamo investimenti dai più piccoli tipo 3 o 5 milioni, ai più grandi che potrebbero essere 50 milioni, quindi io mi occupo di aiutare a fare questi investimenti.” 

Irene: “Ottima introduzione, grazie! Allora, la tua storia è abbastanza particolare, molto interessante già dal fatto che - si sente - parli italiano. La tua storia parte dell'Italia (per tanti anni in realtà), poi attraversa l'Europa e per ora atterra qui Silicon Valley. Ci può raccontare questo percorso che hai fatto da un piccolo paese italiano fino a un “piccolo paese” della Silicon Valley?

Corinne: “Sì, io sono di Viareggio, una città toscana in provincia di Lucca e sono stata lì tutta la mia vita, ho fatto il liceo lì. Alla fine del liceo ho deciso di andare a studiare in una scuola in Inghilterra, perché ne avevo l'opportunità e parlavo già l'inglese perché mia madre è americana.  E da lì ho deciso che mi piaceva molto vivere all’estero e volevo farlo per un pochino di più. Quindi per l’università sono andata all'Università di Chicago e sono stata lì per quattro anni studiando Economia. In quei quattro anni ho deciso che mi piaceva molto il mondo della tecnologia e volevo indagare un pochino di più se era qualcosa che volevo veramente fare come carriera. Quindi mi sono trasferita qui a San Francisco e i primi di due anni ho lavorato per un’azienda che si chiama Morgan Stanley dove aiutavo aziende un po più mature a diventare aziende pubbliche. Principalmente ho lavorato con aziende tipo Uber, Zoom (quello che usiamo ogni giorno praticamente!) e Palantir nel passaggio da compagnie private a compagnie pubbliche.

Questo mi ha fatto capire che la tecnologia mi piaceva molto, mi piaceva la parte finanziaria della tecnologia, e volevo farlo anche nei passi un po più iniziali di un’azienda. E quindi ho deciso volevo occuparmi più di startup e che volevo investire principalmente nella fase Seed di queste startup. Da lì ho trovato Greylock, e sono stata fortunata ad essere stata assunta: adesso sono qui da poco più di un anno.”

Irene: “Bellissima questa storia! Parliamo quindi di Greylock, che tra l’altro è una delle VC firm più famose al mondo. Ci racconti quali sono i tuoi compiti precisi in Greylock, un po’ com’è la tua giornata tipica, e di cosa ti occupi all'interno di Greylock?

Corinne: “Sì! Come hai detto siamo stati molto fortunati qui a Greylock, abbiamo investito in startup che sono diventate abbastanza grandi e quindi abbiamo l'onore di lavorare con founder di quel calibro. Abbiamo fatto early investments in Facebook, AirBnb, Linkedin dalla parte consumer e Workday, AppDynamics, Sumo Logic dalla parte enterprise.
Io mi occupo di tre cose principalmente:

  1. Analizzare trend, identificare e fare ricerca sui mercati e prodotti che potrebbero interessarci di più. Ovviamente ci sono tantissime opzioni di quello di cui ci possiamo occupare e siamo solo in una dozzina, quindi bisogna essere molto focalizzati su certe cose specifiche.

  2. Quando ho identificato questi temi, devo trovare startup che sono nei loro early dayse che stanno facendo qualcosa che ci potrebbe interessare, fare un'analisi più approfondita, e decidere se dovremmo fare un investimento in questa azienda. 

  3. Infine aiuto le startup nel nostro portfolio, quindi se noi abbiamo fatto un investimento per noi vuol dire che metteremo non solo il nostro tempo, ma anche il tempo dei nostri partner e di tutto il team per supportarli

Irene: “C'è una di queste di queste cose che preferisci, che quando proprio la devi fare pensi Oh che bello oggi faccio questo?”

Corinne: “Sì, sicuramente la cosa la cosa migliore del mio lavoro è parlare con i founder: è la parte più bella, ci sono tantissime cose che i founder possono insegnarmi ed è molto interessante fare parte del loro corso. La cosa più bella sicuramente è vedere il progresso che certe compagnie, certi founder, fanno in un arco di tempo anche breve. È molto bello vederli avere successo!”

Irene: “Quindi in particolare la gestione delle portfolio company e la relazione con i founder del vostro portfolio?”

Corinne: “Sì sì sicuramente, non solo portfolio, ci sono tantissime compagnie in cui magari non facciamo l'investimento, però con cui rimango in contatto ed è sempre bello vederli avere successo”

Irene: “Sempre parlando di Greylock: ci dai una panoramica più o meno di che cosa cercate, soprattutto early stage, e quali sono magari i mercati, metriche, check medio al primo investimento? Un po’ l'hai detto prima, però mi piacerebbe andare un po’ più a fondo sul tema investimento anche per dare un po’ di informazioni alle start up e ci leggono.”

Corinne: “Sì, certamente! A Greylock ci dividiamo tra Consumer e Enterprise: io mi occupo principalmente di enterprise investing, quindi parlo di quello. Per Enterprise intendo un prodotto che stai vendendo per aiutare un professionista o un'azienda, e quindi il go to market è verso un’altra aziendsa. Invece Consumer puoi vendere a chiunque, qualsiasi studente, qualsiasi persona, quindi quello è un po più social, marketplace, eccetera.

Nel mondo enterprise dipende molto dallo stage in cui si trova l’azienda, quindi è molto diverso se incontri un founder quando non ha ancora un prodotto, ha solamente un'idea di quello che vuole fare, o se lo incontro due anni dopo quando ha già avuto 5 milioni di dollari, ha già un prodotto, già alcuni clienti. 

Riguardo a quello che cerchiamo:

  1. la prima domanda è sempre riguardo al team: “Perché voi? Perché ti piace questa idea? Perché questa passione?” 

  2. la seconda seconda domanda è sicuramente sulla tesi del prodotto, e secondo me è importante perché la maggior parte del tempo quello che stai producendo esiste già, c'è già un competitor, c'è già un legacy incumbent che lo sta facendo, non è un'idea nuovissima e quindi bisogna avere una tesi sul perché questo prodotto è diverso. Ha un approccio diverso? Forse è il modo in cui il prodotto è fatto? Forse è il modo in cui il prodotto è usato dai clienti? O forse è la distribuzione o il go to market che sono diverse? Però avere una tesi sul perché questo è diverso dall'incumbent è molto importante.
    Secondo me quella è la parte dove certi founder non vanno abbastanza in profondità quando fanno queste presentazioni.

  3. Metriche: importano, ovviamente però nei primi giorni è molto difficile, quindi se hai 6 mesi o un anno magari di dati sui vostri clienti, su come usano il prodotto, allora sì, è già più facile capire un po’ dei comportamenti. Però senza un anno di informazioni è un po’ più difficile, ma noi non è che non facciamo investimenti prima che ci sia un anno di informazioni sui clienti. Quello che usiamo sono le “lezioni” che i founder ci possono dire: i founder, anche se non hanno clienti, passano la maggior parte del tempo parlando con clienti potenziali o con persone che sono nell'industria. E quindi se ci possono dire “Guarda, io ho parlato con 50 persone che si occupano di questi temi, e questa è la lezione principale che mi hanno detto, io sto mettendo in opera queste indicazioni” è già molto meglio che dire “Ho cinque persone a caso che usano il mio prodotto”, perché è molto più intenzionale, molto più diretto.

Quindi queste sono le cose principalmente che cerchiamo.”

Irene: “Intanto ci hai dato un’ottima panoramica e consigli ottimi. Come ti dicevo sul Silicon Valley Dojo noi abbiamo qualche migliaio di founder che ci seguono e che sono molto interessati a capire come approcciare un investitore americano: se approcciarlo, come farlo... per la tua esperienza, per un fondo rilevante come Greylock, quali sono i consigli che ti sentiresti di dare alle startup italiane che vogliono approcciare una raccolta anche contattando Greylock magari?”

Corinne: “Sì, ovviamente ci sono centinaia e centinaia di VC, al giorno d'oggi anche di più, e ci sono molti modi per raccogliere finanziamenti. Quello che dico di solito ai founder è che ci sono tre cose principalmente con cui i VC possono aiutare:

  1. uno - è un introdurvi ai clienti 

  2. due - è aiutarvi ad assumere i top ingegneri o altri impiegati, come product manager 

  3. e tre - è generalmente darvi buoni consigli nel day-to-day

Quindi ovviamente il mondo migliore è un mondo in cui un VC fa tutte e tre le cose, però la verità è che certi VC faranno meglio una cosa rispetto all'altra, o forse la cosa che fanno meglio è molto importante per te. E quindi quello che dico è: pensate a queste 3 cose e chiedetevi “qual è la cosa che mi aiuterebbe di più in questo stage (andando da seed a series A oppure da series A a series B)?”. Perché queste priorità cambiano ovviamente col tempo. E quindi se tu mi dici “guarda, io sono al seed, per arrivare al series A ho bisogno più che altro di nuovi clienti perché gli ingegneri ce li ho già, il settore lo conosco benissimo, non ho bisogno di altri consigli, voglio solo clienti” allora vai e cerchi VC hanno un portfolio grande, che hanno storicamente fatto moltre intro per le loro portfolio company…

E quindi questo è questo il framework che dò alle persone per decidere il VC. Quando avete capito a cosa dare la priorità, allora social media, siti web, newsletter sono probabilmente le risorse migliori per capire questi partner delle VC firm cosa fanno veramente riguardo a queste 3 cose principali.
Quindi vai su Twitter e leggi: “ho fatto partnership con questo VC e mi hanno introdotto a 50 clienti”, allora forse mettete quella persona sulla vostra lista.

Secondo me una lista di, inizialmente, 10-15 VC è un buon inizio, se dovete espanderla fino a 20-30 va bene, però meglio avere una lista un po’ più piccola per iniziare invece che fare 100 meeting in una settimana (perché poi diventi stanca e presenti male). Secondo me questo è il modo migliore per farlo.

Un’altra cosa importante: vedo tante persone dire “Va beh, faccio un meeting adesso, però non devo fare la raccolta per altri sei mesi”. In questo caso secondo me state perdendo il vostro tempo, perché queste cose vanno velocissimamente, quindi quando volete effettivamente raccogliere iniziate a fare questi meeting e datevi 2-3 settimane con il goal, alla fine della terza settimana, di aver finito. “It occupies the time you give it”: quindi date al fundraising 3 settimane e datevi l’opportunità di finirlo in quel tempo.”

Irene: “Però una volta che uno arriva qui, hai la lista, hai fatto la selezione, ti sei anche già pianificato più o meno nel calendario il tempo in cui racchiudere i meeting, anche perché si crei un po di fear of missing out tra i vari VC, come li raggiungi? Qual è il tuo consiglio?”

Corinne: “Buona domanda! Per esempio: la mia email è sul website, noi siamo molto aperti, io ricevo cold email ogni giorno e provo per la maggior parte a rispondere se sono compagnie che sono nel mio focus. Tanti VC però non hanno le email pubbliche, allora diventa un pochino più difficile. Tante persone dicono che devi avere una warm intro: secondo me la warm intro è un po’ sopravvalutata, perché se tu hai un'idea buona, e hai un modo rappresentarla molto veloce che fa vedere al VC “guarda, c’è value qui!” - anche con una mail molto breve - allora se lo fai cold o lo fai warm secondo me non fa molta differenza. Però ovviamente ci sono certi VC che apprezzano molto di più il warm intro. Oltre al contatto via mail, ci sono tanti VC che scrivono content, fanno blog, e quello che per me è un modo per dire “sono interessato a investire in determinati settori, se hai un’azienda in questo spazio contattami”.
E questo può essere su Twitter, su Substack, Linkedin, ovunque. Se vedete questo content secondo me è un invito a contattarli. Se invece non fanno questo tipo di content è un po più difficile. 

Un’altra strada è tramite amici founder che hanno fatto questo processo prima e ti possono fare l'introduzione.
Oppure un percorso che molti fanno, e che sono me è anche molto utile, è usare angel: quindi tante persone fanno un angel round magari molto piccolo, raccogliendo da 15-20 angel. E ci sono alcuni angel che aiutano tantissimo a farvi introduzioni ai VC, e quindi quello è un altro percorso che potete fare.”

Irene: “Twitter è un canale interessante? Ti faccio una domanda un po’ più ampia: in Italia è usato poco, nella startup scene italiana, non abbastanza secondo me, non come qua almeno, non come ne vedo l’utilizzo qua in Silicon Valley tra founder, VC - ci sono certi VC che mi chiedo cosa facciano tutto il giorno, sono appiccicati a Twitter tutto il giorno 😁. Insomma in Italia è usato pochissimo, sono usati di più Linkedin o Facebook. 

Però il valore di Twitter, secondo te, in Silicon Valley, per raggiungere investitori, per scoprire magari lato investitori dei founder interessanti, lo vedi?”

Corinne: “Sì onestamente secondo me è molto, molto utile. Non è utile nel senso che se tu hai 10 mila follower su Twitter, allora qualcuno viene e ti dà 5 milioni di dollari: quello non succede ovviamente. Però ci sono tante aziende che magari nel mondo “pubblico” non vedresti mai, invece su Twitter la conosci perché il founder continua a parlare di questa azienda e continua a scrivere content, e quindi lo conosco.
Ci sono 3 cose principalmente che ti aiutano a essere su Twitter, anche se non stai scrivendo o partecipando, ma anche se stai solamente ascoltando:

  1. Capisci meglio il mercato in cui ti trovi: magari c’è un competitor che non conoscevi prima, e l’hai trovato perché è su Twitter.

  2. Ci sono tanti VC che scrivono su Twitter le cose di cui sono interessati, e questo secondo me è un invito per le aziende nel settore a scrivere loro. Quindi Twitter aiuta molto a capire chi è intestato a cosa, e anche a che stage hanno investimenti.

  3. Se decidi di avere una presenza attiva su Twitter e decidi di scrivere molto di più, di scrivere content, secondo me è utile a volte per assumere persone. Conosco alcune persone che hanno trovato l’azienda dove lavorano su Twitter, perché loro stavano cercando una nuova startup, volevano un'idea nuova che non avevano mai visto, e l'hanno trovata su Twitter.

Quindi se mi dai l’opzione di avere zero tempo speso su Twitter oppure 2-3 ore alla settimana, o ogni due settimane, secondo me questa seconda opzione è un buon uso del tuo tempo.”

Irene: “Concordo, in effetti vedo che qua è molto utilizzato nei modi in cui dici tu. Io non sono molto attiva nella scrittura di contenuti, ma sono più attiva appunto nella lettura, e ho imparato tantissime cose.”

Corinne: “Sì, anche io, scrivo un pochino, però per la maggior parte leggendo quello che scrivono gli altri è già molto utile.”

Irene: “E ho scoperto tantissime startup, che per noi è una cosa interessante trovare sempre fonti nuove di dealflow.”

Corinne: “Sì, per i VC è sicuramente utile perché trovi cose che non ne avresti trovato altrimenti.”

Irene: “Ti faccio un’altra domanda sul tema Italia che per noi è particolarmente interessante. Recentemente ci sono state due startup - Kong e Sysdig - che sono fondate da italiani entrambe, entrambe con base a San Francisco, che hanno raggiunto la valutazione di unicorn, $1B, e anche di più, e sono entrambe nel settore software d’infrastruttura.  Diciamo quindi: ci sono molte cose che hanno in comune, anche proprio questa timeline di raggiungere lo status di unicorn a pochi mesi di distanza, questa geografia parallela Italia-San Francisco, eccetera. Secondo te questa tipologia, questo settore, questo filone, ma anche questo modello di founder italiani a San Francisco questo potrebbe aprire la strada ad altri italiani in Silicon Valley? Due non fanno una statistica, però potremmo cominciare a vedere qualche startup italiana rilevante in Silicon Valley?”

Corinne: “Sì, spero di sì! Secondo me, soprattutto negli ultimi due anni, a noi personalmente a Greylock non ce ne importa di dove dove è situata l’azienda, proprio per nulla. Abbiamo startup nel portfolio che stanno a Parigi, a Dublino, molte compagnie in Israele, e quindi la location non importa. Secondo me il fatto che ci sono anche due unicorn che sono originariamente italiani, è interessante, più che dalla parte dei VC, dalla parte dell'ispirazione degli altri founder italiani che dicono “Ok, c'è stato qualcuno che ce l'ha fatta, quindi posso farlo anch'io!”. Secondo me il trend geografico, cioè quando un’azienda proveniente da un determinato luogo ha successo perché va in Silicon Valley, raccoglie fondi e poi diventa unicor, public, eccetera, questo trend è interessante perché ispira le persone sono dalla stessa regione geografica a fare altre startup.”

Irene: “Diciamo invece lato opposto della medaglia: abbiamo fatto l'esempio di due unicorn italiani, mentre noi la settimana scorsa chiacchieravamo sul fatto che nell'ultimo batch di Y Combinator non abbiamo visto startup italiane. Secondo te - io ho un po’ di idee - perché, mentre ci sono diverse startup francesi, spagnole, dal nord europa (non tantissime devo dire, però qualcuna ce n'è) perché di italiani non c'è nessuno? E come viene percepita l’Italian startup scene in un contesto solo americano come Greylock?

Corinne: “La risposta è che non c'è un'opinione onestamente, nello stesso modo in cui non c'è un'opinione per i francesi. Non c'è una concezione sulle startup italiane, e ovviamente mi piacerebbe moltissimo vedere più startup italiane. Perché ci sono tante startup francesi o perché ne vedo tante di Berlino o Londra? Quando c'è una startup di successo, o due, o tre, poi tra loro parlano molto, e conoscono VC, e quindi se tu sei un founder di Parigi e conosci il founder di una di queste aziende, loro poi possono farti intro a tutti i loro VC, quindi è un circolo virtuoso. Quindi il fatto che adesso ci sono 1 o 2 unicorn italiani aiuta moltissimo l'ecosistema. Però devo anche dire che parte dell’ecosistema francese o tedesco o inglese anche anche a che fare con angel, acceleratori, oppure iniziative istituzionali che aiutano queste startup a “get off the ground”. 

Irene: “Ti faccio un paio di ultime sulla tua esperienza all’interno di Greylock, quindi da investor. Ci sono delle cose che secondo me, e quindi ti chiedo se anche secondo te, non vengono percepite in maniera corretta da fuori sul funzionamento e le logiche degli investimenti di un VC. Secondo te - differenza da prima quando lo vedevi da fuori e ora che ci lavori dentro - ci sono delle cose che una volta viste da dentro ti hanno colpita particolarmente del funzionamento di un fondo di VC? Ti faccio un piccolo esempio su che cosa per esempio ha colpito me: l'importanza di capire all'interno di un fondo le sfumature specifiche di interesse dei singoli partner. Io prima vedendole da fuori pensavo “voglio contattare Greylock, contatto Greylock (come entitù generica)”, invece no, ogni partner è una persona specifica con degli specifici interessi e devi scegliere chi contattare. Questa è una cosa che io vedendola da fuori non avevo percepito così forte, invece da dentro è netta. Ci sono delle cose di questo tipo della tua esperienza?”

Corinne: “Sicuramente! È per quel motivo che facciamo la divisione consumer/enterprise e poi si può anche essere un po più specifici all’interno dei team su chi è interessato a cosa.

Secondo me è una cosa che viene percepita (erroneamente) da fuori è che è più facile fare un investimento piccolo. Quindi tante volte la gente mi contatta chiedendomi un investimento molto piccolo tipo $500K, pensando che sia molto più facile che ottenere un investimento grande tipo $5M.

In verità per noi è molto meglio fare un investimento più grande, anche dai 10 milioni, perché con un fondo da $1B, ed essendo in Greylock una dozzina di persone, sarebbe praticamente impossibile distribuire il fondo in un arco di tempo fattibile se lo facciamo $500K alla volta. E questa è una cosa che da fuori non si percepisce perché si pensa “se hai $1B, $500K non è nulla per te”, però per noi non è neanche una questione di soldi, è il tempo che ci impiega un investimento. Perché se noi ti diamo $500K o ti diamo $5M noi comunque mettiamo lo stesso tempo ogni giorno ad aiutarvi, a fare board meeting, a fare analisi per voi, ed è molto per noi se lo facciamo avendo investito 10 milioni. Questa è una cosa che la gente non percepisce secondo me.

C’è anche una seconda cosa, e questa è dipendente dalla strategia, e ovviamente per ogni VC è diversa. Nel nostro caso, ci saranno sempre delle opportunità e che scegliamo di perdere. Nel senso che scegliamo di non fare un investimento, anche se sappiamo che ci sono profitti da fare in questo investimento. Perché a Greylock stiamo cercando opportunità che diventeranno aziende pubbliche, valutate miliardi di dollari, questo è il goal. E siccome abbiamo tempo limitato dal fatto che ci sono 24 ore nel giorno, non possiamo fare parte di ogni singolo round che avrà un profitto, dobbiamo fare solamente parte dei round in aziende che crediamo cresceranno in maniera esponenziale. Quindi tante volte ricevo commenti che mi dicono “se fai questo investimento a valutazione $15M, poi tra tre anni mi compreranno a $45M, quindi c’è un 3x da fare in questi due anni e te non devi fare nulla”. Questo è vero però non è il journey che vogliamo fare. Quindi questa è una questione più strategica riguardo a quello che facciamo noi.”

Irene: “Assolutamente, sono cose che viste da dentro sono molti più rilevanti, da fuori certe volte non si percepiscono in questa maniera.
Ultima domand, una domanda un po’ più sul lato umano dei founder che incontri e cioè: quali sono le cose che normalmente ti colpiscono al primo meeting in un founder? A prescindere dalle metriche, dal mercato, diciamo a parità di metriche e di mercato, c'è qualcosa in particolare che tu hai notato come pattern che ti colpisce?”

Corinne: “Sì, e forse questa è anche una cosa specifica a Greylock: a noi piace quando il founder ha un'opinione sul prodotto che è molto specifica. La cosa che non mi piace è quando vengono e mi dicono “Questo è un mercato grande e se faccio questo prodotto generale, farò soldi”. Questo è probabilmente giusto, è probabilmente vero, però quello che mi piace di più è quando il founder dice “Io ho fatto la mia ricerca, anche se non sono un massimo esperto in questo settore, ho fatto la mia ricerca, e questa è la mia tesi”. Questa tesi - per quello che importa a me - può essere anche sbagliata tra due anni, però il fatto che il founder si sia esposto, abbia fatto la sua ricerca, parlato con le persone, con i clienti, e poi creato questa tesi, significa avere un'opinione precisa che poi si metterà in pratica nel prodotto. E questo crea prodotti molto più specifici e secondo me prodotti molto più di successo. Questa è sicuramente la prima cosa. Devo dire che riguardo al background del founder a noi non importa nulla, ovviamente è fantastico se sei un esperto in un settore, però moltissimi dei nostri investimenti migliori sono stati fatti in ragazzi che sono all'università, o anche anche prima, quindi quello non è una cosa che ci importa molto. Più che altro è la passione per il tema che secondo me poi si traduce in un’opinione molto specifica su quello che bisogna fare.
La seconda cosa che a noi piace molto, e che a me colpisce molto, è quando qualcuno ha un’idea specifica riguardo al go-to-market. È facile dire “troverò clienti facendo advertising e facendo un pochino di outbound”, e quello è giusto tecnicamente, però le aziende che raggiungono risultati migliori sono quelle che dicono “bisogna avere un content team che fa questo, poi un outbound sales team che fa questo, oppure faccio solamente product led growth e questo è il funnel”. Poi queste cose possono anche rivelarsi non corrette, ma è importante avere un’idea molto specifica, una precisione, riguardo al go-to-market.” 

Irene: “E lato personalità e approccio del founder: c'è qualcosa a livello della persona che ti trovi davanti che noti che effettivamente funziona più del solito?” 

Corinne: “Si può vedere quando qualcuno è proprio appassionato della propria idea e del proprio settore. E poi vedi subito quelli che “non prenderanno un no come risposta”, quelli che “quitting is not an option”. Sono i più ambiziosi - e si vede che sicuramente c’è un aspetto di ego - perché vogliono essere i migliori, vogliono entrare in mercati competitivi con l’idea di vincere e di diventare una società pubblica. Secondo me ci deve essere questo mindset da vincitori.  
Devo dire che ci sono anche tantissimi, tantissimi founders che non sono così nel meeting, non ti dicono “io vincerò, io sarò la migliore”, però poi vanno e lo fanno. Quindi è una cosa un po’ difficile da percepire in un meeting di 30 minuti, però è una cosa che si capisce col tempo.”

Irene: “Certo, però concordo che nel nostro lavoro una delle cose più difficili è proprio capire chi ti trovi davanti, se quella lì è la persona che farà quello che dice.”

Corinne: “Sì, soprattutto via Zoom!”

Irene: “Va bene! Grazie mille Corinne per il tuo tempo e per i tuoi insight su questo mondo.”

Corinne: “Grazie! A presto!”

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Raccontiamo la Silicon Valley, i suoi investimenti, la sua cultura e i suoi founder all’ecosistema dell’innovazione italiano. Lo facciamo dall'interno: il Dojo è scritto dal team di Lombardstreet Ventures, una Venture Capital firm di Menlo Park.