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Silicon Valley Dojo team: la storia di Irene Mingozzi
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Silicon Valley Dojo team: la storia di Irene Mingozzi

Irene ci racconta la sua storia: dalle esperienze in startup, agli anni di gestione dell’hub innovazione in Silicon Valley, fino ad oggi in Lombardstreet Ventures.

Fin dall’inizio del Silicon Valley Dojo vi abbiamo promesso di raccontarvi le strade che ci hanno portato qui in Silicon Valley, oggi.

Dopo avervi raccontato la storia di Luigi (qui trovate la prima, seconda e terza parte), e quella di Massimo (qui la primaseconda, terza e quarta parte), oggi vi raccontiamo quella di Irene. Questa volta in un unico video da 16 minuti, ci perdonerete se è troppo lungo per l’attention span su internet nel 2021, ma non avevamo lo sbattimento di spezzettarlo in video più brevi, abbiate pietà!

Irene ci racconta la sua storia: dalle esperienze in startup, agli anni di gestione dell’hub innovazione di Art-er in Silicon Valley, fino ad oggi in Lombardstreet Ventures.

Come al solito video qui di seguito, audio all’inizio dell’articolo, testo dell’intervista sotto ✌️


Se non siete ancora iscritti, ricordatevi che sono aperte le iscrizioni per il prossimo incontro delle Silicon Valley Dojo Series, che si terrà il 16 novembre, dove parleremo di “Metriche, crescita e tempistiche per chiudere un Seed round in Silicon Valley”:

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P.s. di Irene: non mi sto trasformando in Homer Simpson, sono solo molto incinta! 🤰


Luigi: “Ciao a tutti! Benvenuti a questo nuovo episodio della storia dei componenti del team di Lombardstreet Ventures. Oggi finalmente parliamo di Irene! Per iniziare raccontaci un pochino del tuo background, come sei arrivata a fare questo lavoro?”

Irene: “Ok! Allora, io ho studiato in realtà tutt'altro: al liceo ho fatto il liceo classico tradizionale, ho studiato greco e latino, e nessuno mi ha mai parlato di imprese, di startup, di innovazione, assolutamente mai. Poi dopo ho studiato comunicazione all'Università e ho avuto la fortuna di incontrare un professore, che era di modelli di marketing, molto appassionato di startup, molto appassionato di innovazione, che alla fine del suo corso avrebbe scelto tre tra i suoi studenti e studentesse che erano andati meglio al suo esame, per proporre sono una sorta di accompagnamento ai suoi progetti esterni al corso di studi.
Io ho avuto la fortuna di essere una di queste tre persone selezionate e ho cominciato un percorso con lui di accompagnamento di molte startup e acceleratori, lui collaborava con diverse realtà dell'ecosistema - stiamo parlando del 2009 - quindi era molto molto all'inizio a Bologna, o comunque in Italia. 
Quindi mi sono fatta praticamente un anno e mezzo di quest'esperienza e mi si è aperto un mondo! È stata un'esperienza bellissima, ho capito che era assolutamente quello che volevo fare. Io prima di quell’esperienza avevo avuto un'altra esperienza in un’agenzia di comunicazione, e lì invece avevo capito che era la parte della comunicazione che non mi interessava, mi piaceva molto di più la parte proprio go to market, marketing di un'azienda.

Luigi: “E quindi questo ha guidato un po’ le tue scelte lavorative in seguito. Quindi com’è che hai iniziato il tuo primo lavoro?

Irene: “Il mio primo lavoro in questo contesto è stato proprio perché uno degli acceleratori con cui collaborava questo professore era un acceleratore che si chiamava We Tech Off, nel 2010, gestito da Art-er, che allora si chiamava Aster, una società consortile della Regione Emilia-Romagna che si occupa di innovazione, tecnologia e attrattività. Tramite questo contatto io sono arrivata a conoscere Art-er, mi è piaciuto molto quello che facevano in particolare con We Tech Off, loro stavano cercando una persona e quindi sono andata a lavorare lì.
Mi occupavo principalmente della parte di supporto alla comunicazione delle startup che che erano nei loro batch e di orientamento alle idee di impresa, l'accompagnamento nella fase dall'idea all'impresa.”

Luigi: “Questo immagino ti ha avvicinato a tutto il mondo di Art-er e alla tua carriera poi successiva, giusto?”

Irene: “Esatto, dopo dal di lì piano piano, progetto dopo progetto, di un sacco di altre cose, di EmiliaRomagnaStartUp quando è partito, di tutti i progetti europei sulle startup, quindi sono entrata sempre di più proprio nel core delle attività startup di cui si occupa Art-er e delle attività internazionali.
Questo fino al 2014, direi abbastanza anni fa in realtà, da fine 2014 cominciamo a guardare verso la Silicon Valley.”

Luigi: “Ok, quindi qui ha cominciato ad aprirsi la prima finestra oltreoceano?

Irene: “Esatto, il primo piede qua io l'ho messo a inizio 2015. Ovviamente né io, né Art-er, né la Regione ci eravamo immaginati di mettere in piedi una giostra come quella che c’è oggi. Però a inizio 2015 l'idea era di venire qua e fare una sorta di analisi di quello che esisteva, delle realtà che esistevano governative di tutta Europa per capire se poteva aver senso aprire un ufficio qua, quali potevano essere i soggetti con cui collaborare dall'Italia senza dover aprire un ufficio qua, insomma come poter supportare le nostre startup dell'Emilia-Romagna in Silicon Valley. Quindi ho fatto un mese qua per fare questa analisi, e l’analisi è andata molto bene.”

Luigi: “Io mi ricordo infatti che la prima volta che ci siamo conosciuti è stata grazie a quell'analisi, perché Massimo aveva letto l'analisi, noi stavamo partendo con Lombardstreet Ventures, anche noi i nostri primi passi, e abbiamo detto “dobbiamo andare a parlare con Irene a Bologna”, tu eri già tornata nel frattempo a Bologna, e siamo venuti da voi in Art-er, e quello è stato il nostro primo incontro.”

Irene: “Sì, secondo me il nostro primo incontro dev’essere stato 2015 o 2016, proprio agli inizi.”

Luigi: “Mi ricordo di questa tua analisi, perché non capivamo neanche noi chi era presente in Silicon Valley, e abbiamo detto “eccolo qua, compitino già fatto, più comodo di così!”. 
Da lì poi inizia la tua esperienza americana, però prima di arrivare all’esperienza americana: hai avuto qualche altra esperienza nel mondo imprenditoriale/startup?

Irene: “Sì esatto, ho fatto parte di due startup, ho avuto due esperienze in startup molto molto interessanti e che mi hanno insegnato tantissimo. Tutto il supporto che ho fatto dopo veniva dall’esperienza che avevo avuto io da dentro. In tutte e due io mi occupavo della parte del go to market, erano tutte e due startup all'inizio.
Una era nel settore travel and hospitality, settore difficilissimo, con cui ci siamo scontrati a muso duro. Gli altri tre founder erano tutte e tre tecnici quindi comunque era anche una bella sfida anche con questa composizione di team, bravissimi e dei fenomeni devo dire, con un'idea molto bella, che a me aveva catturato da subito. Settore travel molto difficile, soprattutto molto difficile con gli strumenti che c'erano nel 2010, 2011 forse, quindi in realtà la startup è andata avanti un po’, un annetto e qualcosa, ha preso anche qualche finanziamento, poi in realtà il product-market fit non c'è mai stato veramente, la piattaforma funzionava, ma non c'era un business model sensato e quindi ha fatto proprio più un pivot verso una normale software house che si occupa del settore travel.
Con la seconda invece avevamo in mente di costruire un tool tipo Canva però per i video.”

Luigi: “E questi erano gli stessi founder che avevi prima o era con persone diverse?”

Irene: “No no, erano completamente diverse. Mentre nell’esperienza precedente il team era sbilanciato dal lato tecnico, in quest'esperienza il team era sbilanciato lato marketing e creativo, e quindi ci mancava proprio la parte di development e di sviluppo della piattaforma. Allora non c'erano tool no code o low code come ci possono essere adesso, quindi era necessario un grosso impegno per svilupparla come l’avevamo in mente, quindi siamo arrivati fino a un certo punto poi la cosa non è andata avanti.
Quindi sono due esperienze che in realtà sono state non di successo dal punto di vista di mercato…

Luigi: “Però super formative, ti sei resa conto di cosa vuol dire costruire un team, non avere il team giusto quando ti serve, tutto, certo!”

Irene: “Esatto! Poi nel frattempo - questa qui non la chiamerei startup, ma diciamo un’impresa - con una co-founder abbiamo realizzato un'azienda che vendeva gadget e oggettistica per viaggiatori e quindi “hardware”, nel senso di prodotti fisici, quella invece è andata molto bene, nel senso che cresceva molto bene, vedevamo molto bene, quella è andata avanti per diversi anni molto bene, era un side project però, non era il mio lavoro principale. E questa mi ha dato una grande formazione su tutto ciò che significa magazzini, spedizioni, stoccaggio…”

Luigi: “Però il viaggio c’è sempre stato!”

Irene: “Sì, quello c'era sempre, esatto! È quello è stato anche il mio primo team remote, perché io e Silvia, la mia co-founder, praticamente ci siamo viste due volte in tutta la nostra vita e poi tutto il resto l’abbiamo fatto da remoto, e abbiamo messo su un bel business.”

Luigi: “Che anni erano?”

Irene: “Questo era 2015-2017”

Luigi: “Allora, adesso prendiamo l'aereo, andiamo oltreoceano, Irene atterra in Silicon Valley e poi si decide di stabilire l’hub innovazione dell'Emilia-Romagna in Silicon Valley e quindi tu devi trasferiti di qua. Parlaci un po’ di questa esperienza.”

Irene: “Praticamente dopo il viaggio precedente, dove era stata valutata questa opzione, viene deciso che questa opzione ha senso, che ci sono delle altre regioni come la Catalogna, la Baviera, e quindi ha senso portare anche un hub dell'Emilia-Romagna super lean, come avevamo sempre insegnato alle startup. Quindi mandano solo me in un coworking all’inizio, per 6 mesi, per capire se poteva effettivamente avere senso. E quindi io a settembre 2015, quindi sei anni fa spaccati, faccio le valigie e vengo qua. All’inizio in particolare era solo per le startup, quindi l'obiettivo era fare questo collegamento tra startup e ecosistema qua. 
Poi l'ufficio è andato molto bene, le attività dell'hub sono in qualche modo esplose, nel senso buono, e quindi ci siamo resi conto che non solo era utile per noi supportare le startup, ma tutto l'ecosistema. C’era un grande parallelismo, ovviamente, tra l'ecosistema dell'innovazione dell'Emilia-Romagna e l'ecosistema dell'innovazione che troviamo qui con cui stavamo già appunto collaborando molto bene. Abbiamo avuto centinaia tra imprese, università, tutti veramente i pezzettini dell'ecosistema dell'Emilia-Romagna che sono stati supportati qua da me, poi anche dal team di Art-er che che seguiva questo progetto.
Qua sono sempre stata solo io fisicamente, una mia collega, Sara, faceva un po’ su e giù soprattutto in determinati periodi.
Poi dal 2018 dalla Silicon Valley abbiamo aperto anche altre destinazioni con cui collaborare, quindi abbiamo cominciato a viaggiare su New York, Chicago, Philadelphia, Boston, Canada, perché magari le startup automotive aveva più senso che andassero a Chicago piuttosto che qua, o comunque in tutte e due destinazioni. E quindi l’hub è diventato qualcosa di molto grande e molto interessante e il network relativo anche, perché comunque per riuscire a rispondere alle necessità di tutto l’ecosistema dell’Emilia-Romagna qua intanto aprivamo una grossa rete di relazioni.”

Luigi: “Di questa esperienza di Art-er cos'è la cosa che più ti ha formato, che ti ha dato più stimoli positivi, a parte ovviamente lavorare con le startup, dal punto di vista personale/professionale?”

Irene: “Allora stimolante - che non vuol dire la più divertente - è stato a fare da congiunzione tra questi due mondi: cioè essere sempre l’anello di congiunzione tra Stati Uniti e Italia, ma anche spesso tra una pubblica amministrazione - perché comunque dietro Art-er c’è una pubblica amministrazione - e tutti i nostri partner qua privati. Mooolto challenging come lavoro! Però anche bellissimo, perché in realtà mi permetteva di vedere davvero le cose da tante sfaccettature, da tanti punti di vista. Quella palestra è stata veramente veramente importante dal punto di vista delle relazioni, della negoziazione, della diplomazia, mi ha insegnato tantissimo. Quindi forse non direi stimolante nel senso divertente, però stimolante perché penso che sia una delle cose che ho imparato di più, che mi ha fatto crescere di più.”

Luigi: “Beh però adesso visto che me l'ha suggerita e servita: la cosa più divertente che ti è capitata qui negli Stati Uniti con questa avventura?”

Irene: “La cosa più divertente è stata girare gli Stati Uniti per allargare questo network. Divertente nel senso che era proprio bello andare a incontrare i nostri partner a New York, i nostri partner anche a Detroit, e vedere come queste persone lavoravano.
In realtà addirittura nei piccoli hub era quasi più bello che i grandi: perché uno va a New York, ma tutti vanno a New York, quindi quando vai a incontrare l’acceleratore di New York e dici “Ciao, io sono l’Irene Mingozzi” ti dicono “Bravissima, mettiti in fila”. Però io ho fatto dei meeting bellissimi magari a Detroit, o a Vancouver per esempio, o anche a Montreal, perché non è così scontato invece che altri Stati o altre Regioni siano interessati a collaborare. E quindi sono state davvero relazioni molto belle quelle che sono nate, che sono vive tuttora tra l'altro, quindi questa forse è la parte più divertente del lavoro, andare a vedere, andare a conoscere queste persone. Tanto tutto passa poi dalla relazione con le persone.

Luigi: “Quindi ormai siamo già oltreoceano: 2021 Irene Mingozzi approda a Lombardstreet Ventures. Come abbiamo già detto, noi c'eravamo già conosciuti da tempo, poi abbiamo collaborato negli anni qua in Silicon Valley con vari programmi, varie cose, adesso sei parte del team. Racconta un po’ cos'è il tuo ruolo in Lombardstreet Ventures, e dopo magari andiamo anche un po’ in qualche dettaglio sul tuo day by day e cosa fai all'interno della nostra struttura.”

Irene: “Allora, io in Lombardstreet Ventures sono un’Associate… sono L’Associate, perché siamo in tre! Mi occupo e di tutta la parte che generalmente non è gestita dai General Partner. Grande parte del mio lavoro è dealflow, quindi trovare startup nuove, contattarle, analizzarle, capire se ci possono interessare, partecipare ai demo day, andare a spulciare le varie nuove uscite, le cose interessanti che ci possono essere, e quella è tutta una parte di lavoro molto grosso, sempre molto variabile, però molto grossa. Tutta la parte poi di analisi dei deal che stiamo facendo, quindi meeting con le startup che abbiamo in analisi. E poi dopo i meeting, analizzare tutti i dati che abbiamo raccolto, fare due diligence sul deal, quindi capire se ci può interessare, se ci sono delle magagne che non abbiamo trovato, tutta un’analisi approfondita dei deal. Poi proprio a livello anche di senso: dealflow > analisi del deal > gestione del portfolio. Noi adesso abbiamo già 45 startup nel portfolio, quindi c'è sempre da rimanere aggiornati su tutti loro update, rimanere in contatto con loro se hanno bisogno di qualunque cosa. Poi la preparazione dei report per i nostri LPs, per i nostri investitori. Questa è un po’ tutta la parte sul fondo vero e proprio. 
Poi mi occupo di una bella fetta del Silicon Valley Dojo, che è la nostra community: dai contenuti, alle persone, ai meeting, a tutto tutto ciò che viaggia attorno al Silicon Valley Dojo.”

Luigi: “E poi una buona parte iniziale è stata un’organizzazione della nostra disorganizzazione mentale, ma che aveva un ordine per noi organizzato. Ci hai aiutato a creare un buon metodo!” 

Irene: “E poi tengo in ordine tutto perché ho anche un file di ossessione per l’ordine che mi viene anche bene in questo caso!”

Luigi: “Io direi, per concludere: sono ormai 9 mesi, quindi abbiamo partorito l’entrata di Irene in Lombardstreet! Dopo 9 mesi se dovessi fare un riassunto della tua esperienza, di quello che ti stai portando a casa, e di come vedi il tuo futuro? (se serve mi tappo le orecchie, se hai delle cose brutte da dire sui partner, se no puoi parlare, censuriamo in caso dopo!)”

Irene: “No, il bilancio di questi nove mesi è assolutamente dieci su dieci. Quindi buonissimo su tutti i fronti: è un lavoro che mi piace di più di quello che avrei immaginato, quindi in realtà sono molto contenta anche proprio delle cose che facciamo appunto tutti i giorni, nel senso che non solo mi piace l'obiettivo, la vision, la mission che abbiamo, ma mi piace proprio quello che facciamo, arrivo a sera che non mi pesa e mi sveglio la mattina che non mi pesa mai lavorare. E questo penso che sia un lusso grossissimo.
Lato relazioni lavorare con te e Massimo è molto facile e molto bello, quindi va bene! Ma anche le relazioni con le startup vanno molto bene e mi fanno crescere moltissimo come professionista e come persona, sia quelle su cui abbiamo investito che quelle su cui non investiamo: proprio tutto il processo di lavoro con i founder e approfondimento della conoscenza del loro lavoro, anche vederli crescere in una direzione nell'altra, è una delle cose più belle del lavoro che facciamo secondo me.”

Luigi: “Grazie, anche per noi diciamo che Irene è stato l'anello mancante per concludere il team di Lombardstreet! Grazie Irene, ciao a tutti!”

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Raccontiamo la Silicon Valley, i suoi investimenti, la sua cultura e i suoi founder all’ecosistema dell’innovazione italiano. Lo facciamo dall'interno: il Dojo è scritto dal team di Lombardstreet Ventures, una Venture Capital firm di Menlo Park.